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martedì 13 dicembre 2011

Il Paese del "ma anche"


Qualche anno fa Maurizio Crozza proponeva una esilerante imitazione di Walter Veltroni. Primo segretario dell'allora nascente Partito Democratico. ( http://www.youtube.com/watch?v=jlLUbH_gwUk )
Veltroni incarnava alla perfezione quella che sarebbe stata la successiva linea politica del partito.
Quella cioè del non decidere.
Quella di tenersi sempre e con estrema attenzione alla larga da qualsiasi condizione di azione di opposizione.
In tutte quelle manifestazioni di opposizione al precedente governo Berlusconi realizzate dalle forze di minoranza parlamentari ( Idv) ed extra paralmamentari ( Sel e movimenti di opinione, come Popolo Viola o il 5 Stelle di Beppe Grillo) il Pd si è ben guardato di stare sempre e costantemente ai margini di qualsiasi sospetto di azione di disturbo.
Quando c'era occasione di dare un colpo alle nefandezze del precedente esecutivo, il Pd era sempre e  puntualmente assente.
Quando si votò il vergognoso "scudo fiscale" che garantì il rientro di un sontuoso 5 % di capitali nelle casse dello Stato ( mentre le stesse manovre fatte all'estero e realmente eccezionali garantivano il rientro della metà del maltolto) molti esponenti di spicco del Pd che potevano mettere sotto la maggioranza non si presentarono neppure in aula impegnati in convegni o comunioni.
E quando qualcuno osò fare notare la grave "dimenticanza" nel sostenere le pregiudiziali di incostituzionalità proposte da Di Pietro memorabile fu la risposta di D'Alema che disse che non gli avevano spiegato bene l'importanza di quel voto.( http://www.youtube.com/watch?v=8Cysf0EPIHM)
Insomma il Veltroni di Crozza incarnava alla perfezione il senso della azione programmatica del partito che era quello di non fare mai male a nessuno.
Crozza - Veltroni nei suoi comizi dal palchetto del Pd affrontava ogni questione senza mai darsi una linea netta, ma muovendsi sempre nel cercare una quadratura, un equilibrio, concludendo ogni suo proposito con un "ma anche" apparentemnete risolutivo anche delle questioni più inconciliabili.
Ovviamente la verità non sta nella apparenza.
Il Pd non si rifiutava di fare opposizione vera perchè incapace di farla.
Perchè interessato a non  farla.
Perchè interessato a mantenere quei feudi di potere interni al partito che una pax armata con il berlusconismo gli avrebbe garantito.
Io non tocco il tuo (gigantesco) conflitto di interesse tu non tocchi i (tanti ma piccoli) nostri.
Io non metto mano al duopolio televisivo tu non ci tocchi le cooperative.
Tu hai le tue banche di riferimento, noi manteniamo le nostre.
Ecco perchè per anni, a fronte della più imbarazzante gestione della cosa pubblica degli ultimi 150 anni, laddove un partito serio e realmente di massa non c'avrebbe pensato due volte a fare vera oppposizione e a dare il proprio contributo democratico a mobilitare propri simpatizzanti e società civile per creare un movimento d'opinione più sensibile alle porcate in atto, ci siamo dovuti accontentare del Pd.
Ecco perchè quando poi lo scorso 13 novenbre  Berlusconi si è dimesso ormai fiaccato da una maggioranza risicatissima con cui non poteva gestire l'emergenza della crisi finanziaria in atto ( quindi sostanzialmente per autodistruzione) la sortita del segretario Pd Pierluigi Bersani ( "noi abbiamo fatto cadere Berlusconi") dagli Appennini alle Ande è stata commentata con una sonora risata.     
L'autolesionismo berlusconiano unito ad una inguardabile gestione della cosa pubblica ha messo il Pd nelle condizioni di (poter) essere oggi il (probabile) partito di maggioranza del futuro.   
Ebbene questo non decisionismo di democraticoveltroniana memoria, questo eterno rinviare al "ma anche", sembra in qualche modo emergere anche nelle azioni di questo governo tecnico.
Sopratiutto quando si tratta di andare a mettere mano ( per meglio dire tagliare, svecchiare e liberalizzare)  feudi e lobby die hard ( duri a morire).
Tagliare pensioni non tuetalte da lobby e banche e che garantiscono subito cassa e sin troppo facile.
Come aumentare la benzina o tassare la prima casa.
Non passa indifferente, invece, la difficolta con cui questo governo dovrebbe tagliare le Province ( le aboliamo ... ma dal marzo 2013), tagliare gli stipendi ai parlamentari ( li tagliamo .... ma non  come Governo, ma col Parlamento e quindi con calma ) liberalizzare professioni ( ma non i farmacisti) o ambiti lavorativi ( ma non i tassisti ... ma non il pubblico trasporto ... ).  
E' difficile capire sino a che punto il Governo Monti non possa mettere mano a certe questioni ( se mette la patrimoniale Berlusconi gli stacca la spina) e sino a quale punto sia proprio interessato a non farlo ( le banche sono ben rapprensentate e tutelate da questo esecutivo, anche con un interssante  conflitto di interessi del Ministro Corrado Passera contemporaneamente reggente del dicastero dello Sviluppo Economico, Trasporti e Infrastrutture e membro dei consigli di amministrazione di quelle banche, Intesa Sanpaolo su tutte, interessate a essere parte attiva di quelle azioni di sviluppo delle attività produttive commissionate dallo Stato. Cioè da se stesso).
Fatto sta che gli eventi hanno dato ragione alla politica del "non esporsi mai" del Partito Democratico.
E dovrebbe fare riflettere quanto sia grave questa crisi finanziaria se ci ha ridotto a constatare come il vincente modello di gestione dello Stato del futuro si sia rivelato quello proposto da Crozza -Veltroni.
La differenza è che in questo caso non ci sarà una risata finale a farci capire che è tutta una gag. Purtroppo questa è la nostra realtà'     

lunedì 12 dicembre 2011

Io me ne andRai


Augusto Minzolini non sarà più direttore del Tg1.
Meno male, potrebbe dire qualcuno.
Ed io tra questi.
L'epopea del direttore del telegiornale ( una volta) più autorevole della televisione italiana avviene nel segno di un noto politico italiano di cui non faccio il nome.
Berlusconiano, proveniente da Panorama ( giornale di Berlusconi) messo lì da Berlusconi, è stato rimosso dal Direttore Generale della Rai, Lorenza Lei (messa lì da Berlusconi per sotituire Masi ex dg Rai nominato da Berlusconi) e verrà sostituito da Albero Maccari, attuale direttore dei Gr Regionali in fase di prepensionamento.
A proposito: voluto da Berlusconi.
Minzolini ha confezionato in questi anni un Tg1 mai così sfacciatamente di parte e di cui ricorderemo gli ultra-schieratissimi editoriali.
Adesso va via.
Non tanto per i suoi editoriali quanto perchè fiaccato dai deludenti risultati Auditel che hanno visto sprofondare il Tg1 ( sorpassato un paio di volte dal Tg3 e spesso battuto dal Tg5) e da una inchiesta giudiziaria che lo ha visto rinviato a giudizio per peculato a causa di un uso disinvolto della carta di credito aziendale (in 14 mesi, tra il luglio 2009 e ottobre 2010, avrebbe speso con la carta di credito aziendale 68 mila euro. Somma comunque poi restituita)
Nel commentare le modalità con cui è stato allontanato dalla poltrona di direttore Minzolini parafrasando il mitico (ex) ministro Calderoli ha bollato la vicenda come una "porcata".
Ha ragione.
In Rai è tutta una porcata.
E' una porcata che Minzolini ( pagato da noi ) rimanga al Tg1 con uno stipendio da 500.000 euro l'anno a fare il corrispondente di punta da Parigi o da New York.
E' una porcata che una azienda indebitata fino al collo e pagata con soldi pubblici non investa sulla eccellenza e la meritocrazia ma imperterrita continui a svilirsi al ruolo bipartizan di mangiatoia di politici ed amici dei politici.
E' una porcata vedere quanto la Rai sia costretta più di tutti a pagare la mancata soluzione del gigantesco conflitto di interesse berlusconiano ( non risolto a destra appositamente per garantire il mantenimento in vita dei più piccoli ma numerosissimi conflitti di interesse cari alla sinistra) che deve vederla perdente per forza rispetto Mediaset.
E' una porcata pagare il canone per una televisione che non ha più nulla di servizio pubblico.
In tempi di crisi questa vicenda passa (anche giustamente) inosservata, presi come siamo a pensare alla benzina che costa quanto un chilo di tartufi, ad una bolletta della luce sempre più cara e più in ritardo nel pagamento, ad una prima casa che diventa da un giorno all'altro un bene di lusso piuttosto che ad una pensione tagliata ai nostri padri e nonni e che noi giovani non vedremo mai.
Però ha il pregio di darci uno spaccato lucidissimo della piccolezza del nostro Paese.
La Rai come l'Italia.
Occupata dai partiti.
Funziona male.
Indebitata.
Malata di raccomandazioni ed inefficenze.
Sull'orlo del fallimento.
Ed ora sottoposta all'ennesima finta rivoluzione.
Al Tg1 si sta per cambiare tutto, per essere sempre sicuri di non cambiare niente.    

Le banche ridono - Gianni Dragoni ( il sole 24 ore) - tratto da www.serviziopubblico.it

sabato 10 dicembre 2011

Trasversalmente


Sabato 10 dicembre 2011 vengono presentati 1200 emendamenti di modifica alla Finanziaria di Mario Monti.
Una manovra da 30 miliardi che ha suscitato lo sdegno unanime dei sindacati per durezza e iniquità.
Trasversalmente questa manovra ha ricompattato tutti i sindacati da sinistra ( CGIL -CISL- UIL) a destra (UGL).
Pagano i soliti pensionati e lavoratori dipendenti.
Aumentano le tasse.
Torna l'Ici (Imu) sulla prima casa.
Esclusa una patrimoniale.
Mantenuti i privilegi Ici alla Chiesa ( fatta salva una disponbilità a parlarne dell'ultima ora del Cardinale Bagnasco).
Intendimento di regalare le frequenze del pacchetto beauty contest per il digitale terrestre ( potrebbe esserci un introito di almeno 15 - 16 miliardi)  
Nessuna misura specifica anti evasione fiscale (160 miliardi all'anno mai recuperati)
Riconosciuto solo un (ridicolo) 1,5 % di imposta sui valori scudati dall'ultimo condono fiscale che gli esperti contabili della Camera dei Deputati reputano per altro difficilmente recuperabile.
oltre qualche lieve taglio a vitalizi e privilegi parlamentari.
Anzi no.
La notizia è proprio questa:
verrà modificata la norma della manovra che prevede il taglio degli stipendi dei parlamentari a partire da gennaio.
Ad annunciarlo uno dei relatori, Pier Paolo Baretta (Partito Democratico).
Un accordo trasversale.
Da destra a sinistra tutti trasversalmente d'accordo.
All'indomani della presentazione della manovra ( e degli onorevoli e trasversali mugugni in Transatlantico) il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha ritenuto "inappropriata" l'idea di modificare le idennità parlamentari per decreto.
La manovra prevedeva fosse il Governo a recepire gli esiti del confronto sugli stipendi degli altri parlamenti europei di cui si sta occupando una commissione guidata dal presidente dell'Istat, Enrico Giovannini.
Purtroppo (e con vivo dispiacere) non può essere il Governo a 'recepire' i risultati ma il Parlamento.
Possibilmente trasversalmente.
E nessuno pensi che sia l'ennesima scusa per perdere tempo.
Il Presidente Fini  esclude infatti che da parte del Parlamento ci possa essere "un'azione dilatoria nei confronti dell'adeguamento del trattamento economico di deputati e senatori italiani".
Ed anche su questa ultima dichiarazione di Fini trasversale accordo da destra a sinistra.
Ieri, venerdì 09 dicembre, è scoppiato un pacco - bomba recapitato alla agenzia Equitalia di via Millevoi a Roma.
Marco Cuccagna, vicedirettore della agenzia rimane ferito al volto (rimossi 200 frammenti di vetro dagli occhi) e ad una mano perdendo una falange.
Il gesto è stato rivendicato dalla Federazione Anarchica Informale (Fai).
Un gesto vile, vergognoso e infame da condannare senza se e senza ma.
Unanime la soldidarietà di tutto il mondo politico.
Potenza della ingiustizia. Potenza della trasversalità.     
 

giovedì 8 dicembre 2011

Un voto, una pensione - Antonio Razzi (Responsabili) e la compravendita dei parlamentari - [Gli Intoccabili, 07/12/'11]

Il metro della ipocrisia

Giovedi scorso l'ex ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta (Pdl) a Servizio Pubblico da Michele Santoro ha illuminato la platea (ed un esterefatto Sergio Cofferati) di consigli di buon senso sul mercato del lavoro.
Denis Verdini (Pdl) ha dichiarato che, dipendesse da lui, metterebbe l'Ici sui beni immobili della Chiesa.
Martedì scorso a Ballarò anche l'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni (Lega) e quello della Pubblica Istruzione Maristella Gelmini (Pdl)  si sono fatti paladini della stessa mancanza e dei tagli alle pensioni della manovra Monti.
Viceversa.
Antonio Di Pietro (Idv) ha contestato il tenore di una manovra improntata sulla esigenza di fare cassa ma, oggettivamente, iniqua, minacciando di non votarla e Pierluigi Bersani (segretario del Pd entrato in maggioranza) invece di dare garanzie su qualche correttivo a tutela delle fasce più deboli gli ha ringhiato contro dandogli preavviso di rottura dell'alleanza di centrosinistra.
Il recente cambio della guardia a Palazzo Chigi ha rimischiato i ruoli a cui eravamo abituati da spettatori del "teatrino della politica".
Chi ieri rivestiva ruoli di governo oggi parla come se fosse all'opposizione da trent'anni.
Chi oggi si ritrova dall'opposizione al governo si adegua immediatamente al ruolo di potere tradendo gli interessi di quell'elettorato che ha contribuito a garantirgli lo scranno parlamentare.
Niente di che. In fondo ci siamo abituati.
Ma fa sempre impressione vedere su un politico gli effetti paradossali di un processo di avvicinamento o di allontamento dal potere.
Se ne potrebbe trarre una vera e propria legge fisica.
Un politico immerso nel potere riceve una spinta dall'interno verso l'esterno uguale per forza ed intensità al peso del volume della coerenza spostata.
Resterebbe da decidere solo l'unità di misura da applicare.
Personalmente proporrei l'ipocrisia.