Giovedi scorso l'ex ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta (Pdl) a Servizio Pubblico da Michele Santoro ha illuminato la platea (ed un esterefatto Sergio Cofferati) di consigli di buon senso sul mercato del lavoro.
Denis Verdini (Pdl) ha dichiarato che, dipendesse da lui, metterebbe l'Ici sui beni immobili della Chiesa.
Martedì scorso a Ballarò anche l'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni (Lega) e quello della Pubblica Istruzione Maristella Gelmini (Pdl) si sono fatti paladini della stessa mancanza e dei tagli alle pensioni della manovra Monti.
Viceversa.
Antonio Di Pietro (Idv) ha contestato il tenore di una manovra improntata sulla esigenza di fare cassa ma, oggettivamente, iniqua, minacciando di non votarla e Pierluigi Bersani (segretario del Pd entrato in maggioranza) invece di dare garanzie su qualche correttivo a tutela delle fasce più deboli gli ha ringhiato contro dandogli preavviso di rottura dell'alleanza di centrosinistra.
Il recente cambio della guardia a Palazzo Chigi ha rimischiato i ruoli a cui eravamo abituati da spettatori del "teatrino della politica".
Chi ieri rivestiva ruoli di governo oggi parla come se fosse all'opposizione da trent'anni.
Chi oggi si ritrova dall'opposizione al governo si adegua immediatamente al ruolo di potere tradendo gli interessi di quell'elettorato che ha contribuito a garantirgli lo scranno parlamentare.
Niente di che. In fondo ci siamo abituati.
Ma fa sempre impressione vedere su un politico gli effetti paradossali di un processo di avvicinamento o di allontamento dal potere.
Se ne potrebbe trarre una vera e propria legge fisica.
Un politico immerso nel potere riceve una spinta dall'interno verso l'esterno uguale per forza ed intensità al peso del volume della coerenza spostata.
Resterebbe da decidere solo l'unità di misura da applicare.
Personalmente proporrei l'ipocrisia.
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