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sabato 30 aprile 2011

La follia della camorra – di Marcello Ravveduto - tratto da www.strozzatecitutti.it

Recensione libro: “I Medici della camorra” di Corrado De Rosa.
di Marcello Ravveduto
La follia della camorra
Contro il silenzioso permeare della criminalità organizzata in quasi ogni aspetto della vita politica, economica e sociale del nostro paese si mobilita una fetta sempre più grande della società civile, armata oggi di una nuova consapevolezza: quella che la criminalità riesce a sfruttare anche il più piccolo spazio lasciato vuoto e incontrollato per trarre ogni possibile beneficio funzionale alla propria sopravvivenza e al mantenimento del proprio potere.
Un deciso ostacolo all’espandersi di questa macchia può, e deve essere fornito dall’individuazione di quei canali che ne rendono possibile l’avanzata, e tra questi gli innumerevoli spazi di contiguità e di interlocuzione creatisi, nel corso degli anni, tra criminalità e fasce professionali di vario genere
Sono questi i tanti puntini che, uniti, nel loro complesso hanno finito per creare una pericolosa area grigia di connivenza, nella quale oltre che la collaborazione consapevole, molto spesso anche la semplice disattenzione, l’ignoranza o l’inesperienza hanno finito col favorire l’attività delle mafie nel nostro paese.
La malattia mentale, e l’attività di chi ha a che fare professionalmente con questo problema, entra a vario titolo in gioco nella storia della criminalità. Lo racconta Corrado De Rosa* ne “I Medici della camorra” (Castelvecchi editore), ponendo l’attenzione su una particolare branca della medicina, la psichiatria, sfruttata da criminali di ogni genere per i benefici che può procurare a chi richieda una perizia: dallo sconto di pena alla incompatibilità col regime carcerario fino ad arrivare al riconoscimento di vere e proprie forme di invalidità, che addirittura consentono a pericolosi killer ed affiliati di ogni grado, di fruire di trattamenti pensionistici e vitalizi spesso negati, per ostacoli e difficoltà burocratiche, ai cittadini “normali”.
Il libro affronta proprio quella contiguità tra mafie e aree professionali descrivendo, attraverso biografie ed episodi, il metodo e l’utilizzo sistematico delle perizie da parte di affiliati e capi clan per ottenere benefici di giustizia. Esplicita, inoltre, come la malattia mentale venga utilizzata per alimentare la cosiddetta “macchina del fango” che, attraverso la delegittimazione, scredita e svilisce ogni passo compiuto in direzione contraria all’impetuosa marcia della criminalità.
Depressi, anoressici, paranoici sono coloro che vogliono uscire di prigione. Pazzi, visionari, tossicodipendenti e dunque inattendibili quelli che li accusano, i collaboratori di giustizia, e tutti coloro che cercano di combattere la mafia con l’arma della parola.
La malattia mentale, nelle mani della criminalità, diventa allo stesso tempo strumento di difesa e arma offensiva potentissima.
Non stupisce che a spingere uno psichiatra ad affrontare un tema tanto delicato sia, tra gli altri stimoli, proprio la scoperta di una grande contraddizione nell’applicazione pratica dei suoi studi: una branca medica che ha combattuto e combatte da anni lo stigma del malato di mente, quando è coinvolta nel campo delle perizie, dei tribunali, o meglio ancora quando entra in contatto con la criminalità mafiosa, si trova di fronte a un mondo il cui solo interesse è lottare per appropriarsi dell’etichetta di pazzo nel tentativo estremo, spesso vincente, di farla franca, relegando chi soffre realmente di disturbi psichici nel “cimitero” dei senza voce.
Vai alla pagina facebook del libro
* Corrado De Rosa è uno “scrittore da strozzare, ndr.
Marcello RavvedutoMarcello Ravveduto

mercoledì 27 aprile 2011

25 aprile, il Pdl festeggia così - tratto da www.piovonorane.it

di Giulia Innocenzi
Quelli che vedete qui sotto non sono ragazzi di qualche gruppo neofascista, ma esponenti della Giovane Italia, l'organizzazione giovanile del Popolo della Libertà. E quello a sinistra è Alessandro Benigno, coordinatore provinciale di Vicenza
(26 aprile 2011)
Hanno pensato di festeggiare così il 25 aprile i ragazzi di Vicenza della Giovane Italia, il movimento giovanile del Pdl, con tanta sobrietà: bandiera della Repubblica Sociale Italiana (la Repubblica di Salò, per intenderci), e saluto romano. E quello indicato con la freccia è Alessandro Benigno, il coordinatore provinciale della Giovane Italia, che sempre con la stessa sobrietà pochi giorni fa ha proposto di cambiare il nome del museo cittadino (leggi qui), dedicato al "Risorgimento e alla Resistenza", in "Concordia nazionale".

La grande battaglia viene così motivata:
Al di là dei giudizi storiografici, è evidente che il Risorgimento fu un periodo storico che unì gli italiani, mentre quello dal '43 al '45 fu un cruento periodo di divisione.

Dalla sua pagina Facebook invece, si può avere un bel quadro sulle sue passioni: Ricordo del valore: 23 ottobre - 3 novembre 1942 - El Alamein, Ettore Muti, A ricordo del genocidio italiano: 10 FEBBRAIO- Giornata del ricordo, Sergio Ramelli, Silvio Berlusconi, Filippo Tommaso Marinetti, Gabriele D'Annunzio, CasaPound Italia, Marcello de Angelis,militari in missione, Ignazio La Russa...e 44 in più

E così, per unire gli italiani, i giovani del Pdl hanno ben pensato di inneggiare al fascismo proprio nel giorno della Liberazione. La logica assomiglia in tutto e per tutto a quella della polemica sui manifesti milanesi delle BR nelle procure, e cioè al capovolgimento della storia e al suo racconto alla rovescia, in barba a qualunque manuale e all'importanza della condivisione di una storia comune.

Questa foto, però, pubblicata in esclusiva per L'Espresso, racconta anche qualcos'altro: che è pericoloso considerare le esternazioni quotidiane cui ormai ci hanno abituato i nostri politici come semplici boutade. Che dietro un Lassini che si prende la responsabilità dei manifesti contro i magistrati e un ragazzotto che sorridente sfoggia il saluto romano, c'è sempre qualcuno di più importante, che dà l'esempio e che premia comportamenti del genere. E sono proprio quelle esternazioni costanti che legittimano azioni di questo tipo, e che se prese sottogamba possono far crescere movimenti più grossi, che rischiano di diventare incontrollabili. E i più giovani, come in questo caso, rischiano di non avere più a disposizione le verità storiche su cui poi fondare i propri giudizi.

Ecco, sarebbe il caso finalmente di denunciare con forza episodi come questo, senza retorica ma con grande lucidità. Perché questi ragazzi non pensino che la loro scampagnata del 25 aprile sia stata solo una simpatica boutade

sabato 23 aprile 2011

Rai, per Genchi niente diritto di replica? - tratto da www.ilfattoquotidiano.it - il blog di Beppe Giulietti

Genchi, chi era costui? Bene ha fatto Marco Travaglio a sollevare la questione del silenzio, quasi tombale, che ha circondato la notizia del prosciglimento perchè il fatto non sussistedi Gioacchino Genchi, l’uomo che era stato indicato alla pubblica opinione come il nuovo mostro, una sorta di Girolimoni delle intercettazioni, un violentatore della privacy, un mostro che aveva messo sotto controllo 10 milioni di cittadini.

L’incredibile cifra fu sparata, a reti seminunificate, dal solito Berlusconi che pur di proteggere sè stesso non ha mai esitato e mai esiterà a farsi scudo dei connazionali, trasformati in bersagli a sua difesa. In quell’occasione il satrapo di Arcore si presentò in Tv e annunciò che stava per essere rivelato il più grande scandalo della Repubblica, che una banda composta da toghe rosse e da spioni infedeli aveva messo in pericolo le sorti della Repubblica. Le sue allarmate parole furono condivise da un coro trasversale che denunciò il pericolo golpista, non quello rappresentato da Berlusconi ovviamente, ma dal signor Genchi che per altro non conocevamo allora e non conosciamo oggi.

Ebbene, il clamoroso complotto è stato liquidato con un’alzata dispalle dai giudici di Roma, quelli che pure erano stati lodati quando avevano aperto il procedimento. Che fine ha fatto il clamoroso complotto? Dissolto, ridotto in polvere, non resterà traccia neppure negli archivi della procura di Roma. Eppure quegli stessi Tg che diedero la notizia con grande rilievo, talvolta in apertura, con tanto di dichiarazioni sdegnate, hanno quasi cancellato il proscioglimento, non hanno ritenuto di fare un titolo, non hanno dato la parola a Genchi, non hanno ridato memoria delle bufale berlusconiane assunte come verità. Qui non si tratta più di garantire la par condicio tra le forze politiche, ma più semplicemente di rispettare i più elementari principi deontologici, di dare le notizie, anche quelle che non piacciono al padrone.

Per queste ragioni, ci permettiamo di chiedere alle associazioni professionali e sindacali dei giornalisti di sollecitare solo e soltanto che una verità calpestata ed una dignità ferita, quella di Genchi, siano ripristinate. E la stessa cosa chiediamo alle autorità di garanzia, alla commissione di vigilanza, al presidente Garimberti: in questa Rai il diritto di replica spetta solo a Berlusconi e alla sua corte, o è ancora previsto anche per gli altri cittadini? In queste settimane a Berlusconi è stato consentito di insultare a videocassette unificate i suoi giudici e la magistratura in generale, si vorrà ora consentire ad un cittadino imputato, dunque nella situazione di Berlusconi, ma che è stato prosciolto di proclamare la sua verità e la sua innocenza? Tanto più che al cittadino Genchi non è venuto neppure in mente di farsi una prescrizione su misura.

Tratto da www.manteblog.it

22
apr


La Santa Pasqua vede l’Italia impegnata nell’assistenza alle migliaia di persone in fuga dai Paesi del nord Africa. In ossequio al rispetto della dignità e del valore della persona umana sancito – come ha affermato il Santo Padre – dai Popoli della terra nella Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, si sta adoperando al meglio per rispondere con generosità a tanta sofferenza.

(dal messaggio di auguri pasquali del Governo a papa Benedetto XVI)

Non siamo soli

Riporto un commento ad un mio articolo (Vengo dopo il Pd) sul Partito Democratico e sulle responsabilità di questa opposizione alla attuale condizione di dissesto del Paese che ho pubblicato sul blog qualche giorno fa e che è stato ripreso da www.agoravox.it .
Ne approfitto anche per ringraziare Paolo, l'autore del commento, per le belle parole e per la lucidità della sua analisi.

Caro Francesco , condivido in toto il tuo articolo . Aggiungo che le responsabilità politiche della dirigenza del PD sono tali che neppure le prove tecniche di fascismo che ci sta regalando il nostro premier "barzellettiere" , mi indurranno a rivotarlo . Questo paese non è anormale solo perchè esiste Berlusconi , ma anche perchè una dirigenza di "opposizione " ,collusa e fallimentare ,è tutta ancora li’ abbrancata alla sedia come la colla americana .
Quando sento parlare i Veltroni ,D’Alema ,Fassino ,Finocchiaro ,La Torre e compagnia bella , mi viene il voltastomaco a pensare come questi " mandarini " hanno consegnato il paese , senza colpo ferire , nelle mani di questo pazzo megalomane affetto da erotomania tardiva .
Bersani è l’ultimo estratto da quel carniere e vederlo incitare ad "arrotolarsi le maniche " mi procura un forte prurito alle mani . Questi sciagurati , invece di coagulare un patrimonio di consensi rappresentato da tutti coloro che hanno una visione laica e progressista ,non compulsivamente dollarocratica , diciamo pure di sinistra , hanno cercato le strade traverse di un consenso moderato tipico della Democrazia Cristiana di antica memoria . Sono pure arrivati a nefandezze del tipo Mastella ministro di Grazia e Giustizia . L’imbarcata dei Prodiani ha sfaldato quel minimo di anima di sinistra che dopo la separazione (opportuna) dai marxisti leninisti alla Bertinotti ,Diliberto ,Turigliatto ecc , era rimasta nel partito ,trasformandolo in una entità ibrida , senza capo ne coda al punto che se anche Berlusconi scomparisse (per grazia ricevuta) nessuno sarebbe in grado di tracciare una linea chiara da seguire .
Mi sto dilungando ,ancora complimenti per l’articolo ,ogni tanto capita di leggere cose sensate.

ciao

Vengo dopo il Pd

A chi non sia totalmente accecato da una incrollabile fede politica filo governativa appare evidente che la figura di Berlusconi rappresenti una gigantesca anomalia istituzionale nella sua posizione (unica rispetto qualsiasi Paese civilmente avanzato) di proprietario pubblico e privato dell'Italia.
Sviscerare ulteriormente i capitoli della sua vita (pubblica e privata) che indurrebbero (quasi) chiunque a reputarlo impresentabile nella assunzione di un ruolo istituzionale sarebbe noioso.
Di lui (con le presumibili difficoltà) si sa ciò che si deve sapere.
Il potere giudiziario fatica da decenni a realizzare il proprio percorso di indagine e ricerca della verità sulle questioni giudiziarie di Silvio Berlusconi perché il potere economico di quest'ultimo è semplcemente gigantesco, quindi capace di comprare tutto e tutti.
Ne è un esempio la vicenda del Lodo Mondadori nell'ambito della quale fu accertata la corruzione del giudice Metta per avere una sentenza che stabilisse l'invalidità del precedente Lodo e legittimasse l'acquisto del più grande gruppo editoriale italiano da parte del Biscione che ad oggi, dopo 20 anni di guerra legale, è sempre del gruppo di Segrate.
Tornando alla poltica, molti segnali ci dicono che siamo agli ultimi spasmi di questo medioevo della democrazia.
Probabilmente quando ci lasceremo alle spalle questo periodo constateremo con amarezza che l'impero "birbonico" (definizione di lutazziana memoria) non finisce perché ci sia stato qualcuno in grado di combatterlo, sconfiggerlo e sostituirlo. L'impero birbonico finisce per autodistruzione.
L'epopea berlusconiana piano piano si è esaurita autonomamente, cannibalizzando se stessa di quelle esigue componenti centriste che almeno inizialmente frenavano, ogni tanto, le frenesie iperliberiste (e iper personali) del Capo.
L'era di Re Silvio da Arcore era cominciata nel '94 con un partito marketing come Forza Italia inventata da Marcelo Dell'Utri e che faceva da collante di coalizione tra una componente moderata (Casini e Buttiglione) ed una di destra (abbastanza estrema) formata da ex fascisti (la svolta AN del Movimento Sociale al congresso di Fiuggi si ebbe proprio in quell'anno) e leghisti celoduristi di Bossi.
Nel tempo la lenta ma inesorabile repulisti.
Prima fuori Casini e l'insopportabile segretario Udc Follini (oggi nel Pd). Poi subito dopo la nascita del Pdl sul predellino è stato fatto fuori anche Fini. Oggi il Governo è retto sull'asse Pdl - Lega con l'aggiunta del Movimento di Responsabilità Nazionale, curioso partito creatosi spontaneamente e senza nulla a pretendere per senso di responsabilità quando il forfait di Fini e Futuro e Libertà sembrava aver scavato la fossa all'esecutivo.
Attaccati alla responsabilità dei Responsabili, tutti gli osservatori politici parlano di ultimi colpi di coda di Berlusconi. Ma proprio qui il paradosso della questione. Il Governo finisce perché muore da solo. Perché se fosse dipeso da un'azione costante della attuale opposizione ci sarebbe davvero poco da dire, il silenzio da quelle parti induce spesso a chiedersi cosa si dica fuori dal giro del centrdestra.
Se in una ventilata e imminente prospettiva elettorale non potrebbe darsi che per certa la ricandidatura (quanto meno inizialmente proposta) del Cavaliere (ma occhio al Tremonti molto amato dalla Lega) cosa si prospetta dall'altra parte della barricata ? Quale l'alternativa ? Chi dovrebbe rappresentarla? Mistero.
Di questi giorni la (ennesima) mezza dichiarazione di una possibile scesa in campo di Montezemolo.
Delle primarie e di Vendola non si parla più.
Per il resto tutto tace. Eppure dal Pd si dicono pronti al voto. Già. Il Pd. Il più grande partito della opposizione. Un punto interrogativo che parte dalla sua fondazione e si trascina sino ai giorni nostri. Un partito che nei momenti decisivi (si pensi al voto parlamentare contro lo scudo fiscale) sparisce dilaniato dalle correnti interne.
Sbeffeggiato dalla satira come partito eternamente perdente.
Un partito che i file di Wikileaks hanno targato come debole ed ininfluente. Che fa della propria politica di opposizione equilibrata e pacata a oltranza (sopratutto nei momenti in cui si richiederebbe polso e passione) una bandiera invece che un punto debole. Un'opposizione così costantemente blanda da fare ben capire come non si tratta di una eventualità legata alla temporanea guida di un segretario timoroso e prudentissimo. Un Bersani vale quanto un Veltroni o un Franceschini. Ma sarebbe un errore pensare alla sfortuna o al destino avverso.
Il Pd vuole proprio essere questo. Perché ha capito (da anni) che è legato alle sorti di una dirigenza che esiste perchè esiste Berlusconi. Che con Berlusconi ha inciuciato paurosamente, dalla Bicamerale al discorso di Violante in cui l'allora capogruppo DS nella foga oratoria del suo intervento alla Camera ammetteva placidamente l'esistenza di un accordo mirato al fine di non toccare conflitto di interessi e televisioni. Sino alle più recenti avance alla Lega per portare a casa il federalismo. Viviamo così tranquilli e guardiamo al futuro nel segno dell'insegnamento dell'italico "Gattopardo": cambiare tutto per non cambiare nulla.
Così avremo la consolante certezza che il rantolio politico di Berlusconi vivrà ancora e si prolungherà sino al suo ultimissimo sospiro utile grazie alle amorevoli cure di questo grande Partito Democratico

giovedì 21 aprile 2011

Ma Grillo no.

Il presidente degli Stati Uniti d'America, Barack Obama, ha rilanciato la propria candidatura alla rielezione alla Casa Bianca attraverso Facebook.
Alcuni giorni fa Obama accompaganto dal fondatore del social network più diffuso del mondo, Mark Zuckberg, ha risposto alle domande di elettori e curiosi direttamente dalla sede californiana di Facebook a Palo Alto.
Un evento trasmesso via web da Facebook e seguito da milioni di blogger ed internauti.
Sembrerebbe anche la solita americanata se non fosse per il fatto che è stato proprio grazie alla Rete che Obama è riuscito a realizzare il sogno americano di diventare il primo presidente di colore made in U.S.A. 
Già. La Rete. Internet.
La più grande rivoluzione tecnolgica degli ultimi anni capace di avvicinare e mettere in comunicazione tra loro gli antipodi del mondo.
Una invenzione che ha sconvolto un epoca che passa alla storia come l'era della comunicazione, dell'e-commerce, dei social network. 
Barack Obama è anche lui un prodotto della rete.
La sua prima (vittoriosa) campagna elettrorale l'ha realizzata grazie al fondamentale apporto di Internet, condividendo i punti del suo programma con gli elettori, ascoltando i commenti, comunicando attraverso le webcam.
Così facendo ha parlato ad un pubblico giovane ed istruito attraverso un canale che arriva a tutti in maniera molto diffusa.
Puntando sulla innovazione, sulla condivisione dei suoi progetti politici e sulla voglia di cambiamento invalsa nell'elettorato americano dopo gli anni non luminosissimi di George W. Bush ha clamorosamente vinto.
E in Italia ?
Siamo in leggera controtendenza.
Un popolo che si abbevera di televisione (gestita da chi non c'è nemmeno bisogno di dirlo) conosce poco la Rete.
La nostra classe politica è vecchia e pratica poco internet e blog.
Se non attraverso propri uomini staff e da ufficio stampa che, sempre prodighi e solerti, si impegnano a curare stantii profili facebook, aggiornati a forza di comunicati stampa dai consueti toni più o meno propagandistici.
L'unico politico che utilizza Internet con convinzione e passione ammirevole è quello che la stampa generalista ha ribattezzato come l'antipolitico per eccellenza: Beppe Grillo.
Grillo ha un blog che è il primo sito di informazione italiano dopo quello di Repubblica e del Corriere della Sera ed è tra i primi 10 blog al mondo per numero di visitatori.
Attivo dal 2005 ha lanciato due V-Day, con migliaia di persone in piazza a seguirlo, ha organizzato la Woodstock a 5 stelle a Cesena dove per due giorni di seguito e con una presenza di pubblico oceanica ha parlato di informazione, energia pulita, finanza ed ecologia alternando interventi musicali a premi nobel, scienziati ed attivisti impegnati in ogni ramo del sociale.
Ha raccolto migliaia di firme per cacciare i politici condannati in via definitiva dal Parlamento, ha promosso svariate iniziative politiche a favore dell'acqua pubblica, di internet libero, della raccolta differenziata dei rifiuti. Anzi di una fattibile società a rifiuti zero.

Ebbene questo "antipolitico" ha un riscontro popolare praticamente unico in tutto il panorama nazionale.
E' vero. Non è un politico come forse lo possiamo intendere tramite i dettami soggettivi che ognuno di noi può avere pensando alla figura del politico.
E' un comico. Fondamentalemente si.
Ma etichettare il Grillo di oggi semplicemente come un comico sarebbe a dir poco riduttivo.
Grillo non ha appartenenze politiche. E' un cane sciolto. E' un uomo che usa il cervello. Può anche sbagliare, come tutti, ma lo fa fuori dalle paludi del politichese e delle logiche di potere da segreteria di partito.
Ha fondato un movimento (il moVimento a 5 stelle) che è un non - partito, non ha tessere, non ha statuti, si confronta in rete e alle ultime elezioni, senza finanziamenti pubblici ha portato a casa 500.000 voti nelle 5 regioni in cui si è presentato, rinunciando ad un milione e trecentomila euro di "rimborsi" elettorali.
Grillo usa Internet meglio di tutti in Italia.
Censurato da anni dalla televisione come comico anti-sistema, Grillo, come Obama, ha cavalcato le potenzailità di Internet e della Rete perfettamente, ridicolizzando la censura mediatica del piccolo schermo ed attraverso il suo carisma ha trovato nella Rete un efficace detonatore della propria dimensione comunicativa.
Ci sono stati i primi attivisti del MoVimento 5 Stelle eletti in qualche consiglio regionale e comunale. Ma Grillo in prima persona non si candiderà mai.
Ha ancora diversi processi in corso ed il senso stesso delle sue battaglie andrebbe in fumo se mettesse la propria candidatura ad un ruolo politico di primo piano.  
Ad ogni modo fa riflettere come in qualsiasi altro Paese un fenomeno mediatico (e di contenuti) del genere avrebbe riflessi in Parlamento.
Come è accaduto per gli States con Barack Obama.
In Italia no.
O quanto meno non ancora.
Obama è un politico tradizionale, educato e di gradevole aspetto.
Grillo è un eversivo della politica, parla un linguaggio da comico che non disdegna la volgarità ed è contro il sistema, mandando affanculo chiunque e quando vuole farlo.
Ma ha idee e programmi innovativi, che se entrassero nelle camere di bottoni una volta tanto realizzerebbero qualche bisogno del comune cittadino elettore e a discapito di un sistema politico e di potere che ormai vive di vita propria.
E che del cittadino ha bisogno solo in occasione delle consultazioni elettorali.
Il problema è che tra Grillo e la camera dei bottoni c'è una selva di affarismi da oltrepassare.
E d'altra parte il paragone Obama - Grillo decisamente non regge.
Non fosse altro che diversamente da noi, negli USA la parola democrazia significa ancora qualcosa.

mercoledì 20 aprile 2011

Tratto da www.metilparaben.it

Costruire un tabù con l'accidia


Il "Rapporto Italia 2011" dell'Eurispes parla chiarissimo: il 67,4% del campione intervistato (vale a dire, se la statistica non è un'opinione, due italiani su tre) si è dichiarato favorevole ad una legge che legalizzi -cioè disciplini e regolamenti- l'eutanasia.
Lo scandalo, in un paese nel quale tutti si riempiono la bocca con la parola "popolo" ogni volta che possono, non è tanto il fatto che quella legge non sia stata ancora approvata, quanto la circostanza che di eutanasia non si possa neppure discutere: la classe politica di questo paese, con ogni evidenza, si ostina a considerare tabù un argomento sul quale la stragrande maggioranza degli italiani sarebbe d'accordo; il che la dice lunga, ammesso che ce ne fosse ancora bisogno, sulla distanza siderale che separa i cittadini dai politici che dovrebbero rappresentarli in parlamento.
Non credo sia soltanto una questione di sudditanza nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche: più in generale, comincio a convincermi che il vero problema sia l'immobilismo cronico della nostra classe politica, la sua consolidata avversione al cambiamento, l'incapacità di occuparsi delle cose interpretando con un minimo di senso della realtà lo spirito del tempo in cui vivono.
Insipienza, accidia, ipocrisia: la chiave per costruire un tabù, per consolidarlo nel tempo e per farne un totem è tutta in queste tre parole.
E chissenefrega se gli italiani non condividono.

martedì 19 aprile 2011

Tratto da strozzatecitutti.it

Il camorrista e il campione – Maradona affairs

Luigi Sabinodi Luigi Sabino
Il camorrista e il campione – Maradona affairs
Parla l’ex capo della camorra Salvatore Lo Russo. Nei suoi verbali la vicenda dell’ex Pibe de oro che frequentava la sua abitazione. “Lui – dice il collaboratore di giustiziasapeva perfettamente cosa facessi“.
“Diventai molto amico di Maradona che frequentava spesso casa mia ma solo perché diceva di trovarsi bene in mia compagnia e solo in un paio di occasioni mi ha chiesto se potessi procurargli della cocaina per uso personale”. A raccontare del suo rapporto con il campione argentino questa volta è Salvatore Lo Russo, capo dell’omonimo clan di Miano che da qualche mese è andato a ingrossare le fila dei collaboratori di giustizia. Tra le numerose dichiarazioni che l’ormai ex boss della camorra ha affidato ai verbali degli inquirenti, quelle sul suo legame con “El Pibe de Oro”, ancora oggi idolo di milioni di tifosi sia a Napoli sia in Argentina, sono forse quelle colpiscono di più.
Il loro contenuto non particolarmente rilevante ai fini investigativi riesce con crudezza a mettere in luce la fragilità e la sprovvedutezza dell’uomo Maradona. Che il campione argentino durante la sua esperienza napoletana fosse entrato in contatto con la camorra è cosa nota da qualche tempo. La sua foto in compagnia dei fratelli Giuliano di Forcella e della loro vasca a forma di conchiglia ha fatto il giro del mondo. Un errore commesso in buona fede si disse allora e che qualcuno giustificò affermando che in fin dei conti Maradona non poteva certo conoscere tutti i suoi tifosi. Ora però le parole di Lo Russo rischiano di gettare nuove ombre sulla vita di quello che per molti è stato il più grande calciatore di tutti i tempi. Per il collaboratore, infatti, l’asso di Lanus sapeva perfettamente quale fosse il ‘lavoro’ di Lo Russo, al punto da chiedere il suo aiuto in occasione di un furto subito nel 1990. “Maradona si rivolse a me nell’occasione in cui subì il furto di una ventina di orologi e del Pallone d’Oro. Gli feci recuperare gli orologi tramite Peppe ‘o biondo che li trovò presso i Picuozzi dei Quartieri Spagnoli, mentre non fu possibile recuperare il Pallone d’Oro che avevano già sciolto. Mandai ai Quartieri 15.000.000 di lire che, però, mi furono poi mandati indietro. Ricordo che uno tra gli orologi che mi mandarono non apparteneva a Maradona e questi non volle tenerlo per sé, tanto che lo regalai a Pugliese”.
L’uomo che ricevette l’orologio lasciato da Maradona è Pietro Pugliese, ex guardia giurata coinvolta in un traffico di droga e in seguito accusatosi di essere un killer della camorra. Anche lui, da anni, ha deciso di collaborare con la giustizia permettendo agli inquirenti di arrestare 15 presunti camorristi coinvolti nella cosiddetta ‘faida di Villaricca’. Nei primi anni ’90, però, le dichiarazioni di Pugliese riguardanti una presunta ‘combine’ organizzata da Maradona e da altri calciatori per fare in modo che il Napoli non vincesse lo scudetto furono ritenute poco credibili dagli inquirenti che non trovarono alcuna conferma alle sue parole. Eppure anche Pugliese, come Lo Russo, raccontò ai giudici della rapina ai danni del campione argentino e dei rapporti tra quest’ultimo e la camorra napoletana. Secondo Pugliese, infatti, la rapina fu un avvertimento che il ‘sistema’ lanciò a Maradona per convincerlo a favorire il ‘banco’ delle scommesse clandestine, uno dei più importanti business della camorra. Un’accusa ritenuta infondata dalla magistratura che ritenne poco attendibile il racconto del collaboratore. Ora però le conferme di Lo Russo, personaggio di spicco della malavita per oltre trent’anni, potrebbero fornire nuove indicazioni, anche se, è bene precisarlo, lo stesso boss ha dichiarato che sebbene avesse conosciuto diversi calciatori non li ha mai coinvolti in nessuno dei suoi traffici. Resta però l’amarezza di sapere che l’idolo di Napoli era amico di uno dei peggiori nemici della città.
Luigi SabinoStrozzatecitutti.info

Pubblicato il 12 aprile 2011 in anteprima su Il Fatto Quotidiano online:

 



Tratto da www.nonleggerequestoblog.it

Mi sento confuso.

Dunque. Un consigliere comunale del Pdl ritira la sua candidatura e si scusa con tutti, per questo:


Il capo dello stesso partito - che poi sarebbe pure il nostro Presidente del Consiglio - va avanti da anni. Con questo:


sabato 16 aprile 2011

Grillo, spazzoloni a 5 stelle per un Parlamento pulito

Tratto da www.nonleggerequestoblog.it

Voi andate al mare.





Silvio Berlusconi:
Una cosa che voglio dire è che nessuno verrà lasciato da solo.

6 aprile 2009

Io mi assumo la responsabilità delle operazioni ... Voi andate al mare. E' Pasqua. Prendetevi un periodo che paghiamo noi. Paga lo Stato. Noi facciamo l'inventario delle case danneggiate e voi vi spostate sulla costa. Ci sono gli alberghi. Sarete serviti e riveriti. E nelle tendopoli sentitevi come un weekend in vacanza.

7 aprile 2009

Offrirò le mie case agli sfollati.

10 aprile 2009

Mi prendo personalmente la responsabilità di una ricostruzione sicura e trasparente.

10 aprile 2009

Per le abitazioni del centro storico la ricostruzione sarà al 100% a carico dello Stato.

29 maggio 2009

Sto cercando una casa qui per il mese d'agosto per verificare lo stato di avanzamento dei lavori.

10 luglio 2009

Lo sgombero delle macerie sta avvenendo e la ricostruzione dell'Aquila è già partita.

4 aprile 2010

Nessuna inadempienza del Governo: i fondi per la ricostruzione del centro storico dell'Aquila sono disponibili, ora sono le autorità locali che devono impegnarsi.

26 novembre 2010

Sono convinto che sull'Abruzzo e sull'Aquila si sia cercato di gettare fango non rispondente a verità.

23 dicembre 2010

Riguardo alla ricostruzione della città dell'Aquila, credo che tutti voi sappiate bene come abbiamo agito, con quanta tempestività e con quanta efficacia.

5 marzo 2011
Una finta terremotata aquilana a Forum, Canale 5:
L’Aquila è in piena ricostruzione, sta tornando come prima (…) Sono rimasti fuori solo 300/400 persone, stanno in hotel perché gli fa pure comodo, mangiano, bevono e non pagano nulla, pure io ci vorrei andare.

25 marzo 2011
Un vero terremotato aquilano, intervistato dal Sole 24 Ore:
Le 19 piccole città edificate dalla Protezione civile intorno all’Aquila dovevano essere transitorie. Ma, ormai, è chiaro che sono definitive … Abbiamo capito che, nel centro storico, nessuno tornerà più.

4 aprile 2011

Tratto da www.nonleggerequestoblog.it

Ce lo chiede l'Europa 'sta ceppa.

Dunque. Da una parte abbiamo sottoscritto la "Convenzione Onu contro la Corruzione", normativa che ci impone di perseguire con determinazione questo tipo di reato. Dall'altra siamo tra i pochissimi paesi europei a non aver ancora ratificato la "Convenzione del Consiglio d’Europa sulla corruzione" siglata a Strasburgo nel 1999, e cioè 12 anni fa. Albania, Bosnia, Finlandia, Francia, Portogallo, Slovenia, Svezia ed una quarantina di altre nazioni sì. Noi, no. Altroché ce lo chiede l'Europa: negli ultimi mesi la preoccupazione continentale è aumentata - "una profonda preoccupazione - l'allarme è salito, e tutti i richiami, su specifici punti inerenti corruzione e leggi vergogna, sono stati sistematicamente ignorati.

Non mi sembra che accorciare i tempi di prescrizione per questo tipo di reato - piaga sociale da 120 mila miliardi di vecchie lire l'anno - mandare al macero decine di migliaia di processi, generare impunità ed ingiustizia, salvare un Premier da una condanna praticamente certa per corruzione in atti giudiziari, e con lui migliaia di colletti bianchi responsabili di truffe, frodi, concussioni, bancarotte e corruzioni di ogni tipo, ecco, non mi sembra che tutto questo vada nella direzione del "ce lo chiede l'Europa". Ce lo chiede l'Europa 'sta ceppa, se mi permettete. Il mondo ci chiede l'esatto contrario, milioni di italiani pure. Si vede che non ci siamo ancora stufati di pagare tutti, e tanto, per la goduria di uno solo.


 

venerdì 15 aprile 2011

Tratto da http://xstruggleforpleasurex.blogspot.com


Isole di plastica

Se qualcuno vi chiedesse che cosa hanno in comune oceano Pacifico, oceano Atlantico e mar Mediterraneo, probabilmente non pensereste che una delle possibili risposte alla domanda è: un’enorme “isola” di plastica galleggiante!

Questo è, purtroppo, quanto è stato rilevato negli ultimi anni dalle sempre più accurate scansioni della superficie terrestre via satellite.
È all’incirca tra il 135° e il 155° meridiano Ovest e fra il 35° e il 42° parallelo Nord, che si trova il Pacific Trash Vortex” (o Great Pacific Garbage Patch); non si sta parlando di una qualche esotica ed affascinante meta turistica del Pacifico, bensì del più grande accumulo di rifiuti in acque marine della terra , localizzato grosso modo tra la California e le Hawaii, è composto per la quasi totalità da plastica galleggiante, tanto da assumere le sembianze di una vera e propria isola!


Trattandosi di materiale in sospensione non strettamente coadiuvato esistono serie difficoltà nel fornire dettagliate descrizioni delle dimensioni reali dell’accumulo di immondizia, tuttavia sono reperibili sul web stime indicative che vanno da un minimo di 700.000 km2 ad un massimo almeno dieci volte superiore. Probabilmente non è immediato realizzare quanto siano spropositate queste misure, quindi per concretezza ritengo opportuno ricordare che la superficie dell’Italia intera è di poco superiore ai 300.000 km2.

Tale accumulo pare essere principalmente dovuto all’azione del North Pacific Subtropical Gyre, una corrente oceanica caratterizzata da movimento a spirale in senso orario che favorirebbe l’aggregarsi delle particelle in sospensione nella colonna d’acqua.

Il Pacific Trash Vortex fu scoperto per caso nel 1997 dal famoso oceanografo americano Charles Moore durante un viaggio in mare nella zona interessata, ma si stima che l’accumulo sia cominciato a partire dagli anni ’50. Moore rivela di essere rimasto stupefatto nel constatare di essere stato in ogni istante di quel viaggio costantemente circondato dai rifiuti.

Moore è del parere che nella suddetta regione circolino almeno 100 milioni di tonnellate di detriti galleggianti. Ma ancora più stupefacenti sono le parole proferite dall’oceanografo sul fatto che se i consumatori non ridurranno l’utilizzo della plastica usa e getta l’isola di detriti potrebbe facilmente raddoppiare le sue dimensioni nel prossimo decennio.

Marcus Eriksen, il ricercatore che dirige la US-based Algalita Marine Research Foundation (fondata da Moore), tiene a precisare in una sua dichiarazione (riportata in fondo in lingua originale) che l’ammasso detritico non si presenta come una superficie solida, si tratta bensì di una “zuppa” fluida e non omogenea. Quel che più spaventa del discorso di Eriksen è quanto dichiara in riferimento alle presunte dimensioni del cumulo di rifiuti, che si estenderebbe, a suo dire, per un’area doppia a quella degli USA!

Un altro oceanografo, Curtis Ebbesmeyer, studia e monitora le“isole di plastica” da oltre quindici anni. Egli si sofferma invece sul reale disagio che si verifica quando avviene il contatto tra il cumulo di rifiuti galleggiante e le coste della terra ferma, egli spiega infatti di come le spiagge si ricoprano in breve tempo di una quantità spropositata di pezzi più o meno minuti di plastica, come è avvenuto più volte in diverse isole dell’arcipelago delle Hawaii.

Uno dei pericoli che istantaneamente si delineano in questo ostico scenario è sicuramente il rischio ecologico, stando infatti ai dati riferiti dall’UNEP (United Nations Environment Programme), il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, i detriti di plastica provocano la morte di oltre un milione di uccelli marini ogni anno, e più di 100.000 mammiferi marini. Siringhe, accendini, spazzolini da denti sono solo alcuni tra gli oggetti più comuni ritrovati nello stomaco di uccelli marini morti, che pare scambino questi oggetti per cibo.



Ma i problemi non sono esclusivamente riservati alla fauna, infatti sono ben noti anche i rischi per la salute umana; le industrie riversano nelle acque centinaia di milioni di piccole “pallottole” di plastica ogni anno, queste, come spiega Eriksen, si comportano come spugne chimiche artificiali che attirano composti di natura antropica come diversi idrocarburi e residui di DDT, che poi entreranno a far parte della catena alimentare contaminando i nostri cibi giungendo in questo modo fino a noi.

A peggiorare la situazione è, come spiega il chimico Tony Andrady, l’elevata longevità dei materiali che caratterizzano il cumulo di detriti, aspetto che tende a proiettare la situazione di disagio anche nel futuro. A differenza dei rifiuti biologici, spontaneamente sottoposti alla biodegradazione, le plastiche e i materiali affini vanno incontro a “fotodegradazione”, un processo chimico-fisico dovuto a radiazioni luminose, per cui un composto muta la sua struttura; in questo caso la fotodegradazione porta alla depolimerizzazione della plastica che va via via degradandosi in particelle di dimensioni sempre minori fino ad arrivare alle dimensioni dei polimeri che difficilmente continuano a degradarsi. Il galleggiamento di queste micro-particelle porta ad un processo simile a quello già spiegato in precedenza da Eriksen, accade infatti che queste minute particelle vengono scambiate per zooplancton da animali quali gli cnidari che se ne nutrono, introducendole dunque nella catena alimentare.

È stato trattato nello specifico il caso del Pacific Trash Vortex dal momento che rappresenta probabilmente uno dei casi di “isole di plastica” più studiati a livello internazionale, e sul quale sono disponibili maggiori dati, ma come detto inizialmente si è a conoscenza di diverse zone nel globo in cui questo fenomeno accade, è bene notare a tal proposito che di recente si è parlato anche del Mediterraneo come sede di un accumulo di spazzatura galleggiante anche se chiaramente di dimensioni sensibilmente più ridotte (all’incirca 500 tonnellate di detriti di materie plastiche galleggianti).

È possibile che la questione susciti l’interesse di molti, soprattutto sapendo che le nostre stesse coste si stanno avviando verso uno scenario cupo in questa direzione. Occorrerebbe forse cominciare a sensibilizzare i cittadini della comunità sulla tematica, attuare modelli di prevenzione all’inquinamento delle acque incentivando magari un utilizzo più ponderato delle materie sintetiche che potrebbero andare a ostruire processi fondamentali degli ecosistemi naturali, provvedere ad un adeguato smaltimento di tali materiali e forse cominciare a ripulire le zone colpite con spedizioni navali per tentare di ristabilire ciò che rimane dei precedenti equilibri naturali. Chiaramente per tutte queste attività è necessario un coinvolgimento attivo della politica e la conseguente messa in pratica di regolamentazioni atte a far funzionare i piani.




giovedì 14 aprile 2011

Libertà di informazione: il mito dell'incoscenza

In questi giorni in cui si è discusso ed approvato quell'ennesimo mostruso sberelffo alla giustizia, da più conosciuto come "processo breve" ho evitato appositamente giornali e Ballarò vari.
Sbaglio. Lo so.
Ma sono troppo schifato.
Il solito duello televisivo tra rappresentantedellaopposizioneconniventechedormecontinuamentemachesirisvegliaproprioquandononpuòfarvederechedormecontinuamente
contro rappresentantedellamaggioranzasenzaspinadorsalecosìinteressatoamantenereilpostochesaigiàchereciteràilsolitodiscorsettopreparatoacasaegiustificheràqualsiasiporcatapurchèvengaricandidato a me ha rotto. Non mi interessa più.
In questi giorni ho provato a distrarmi con un mio vecchio amore: la radio.
Qualche bella canzone.
Un De Andrè o un De Gregori ogni tanto per curare lo spirito.
Poi però la mia passione (quasi malattia, so anche questo) per l'informazione, incosciamente mi portava sempre ad alzare il volume su un giornale radio o su un programma di approfondimento.
Ieri ero sintonizzato su Radio1, ascoltavo un pò di musica quando ad un certo punto la speaker annuncia che, dopo la pubblicità, andava in onda "Tutte le mattine" di Maurizio Costanzo.
Penso: "Costanzo fa un programma in radio? Sentiamo un pò che dice."
Pubblicità.
Sigletta.
L'incofondibile voce un pò più ciancicata di Costanzo che racconta di un tipo, un gioralista freelance e regista di documentari slavo che vuole girare un documentario sulla condizione carceraria  a Rebibbia.
Si presenta lì per i permessi.
I secondini fanno un controllo sulle generalità del tipo e scoprono che non solo a Rebbbia c'era stato in prima persona, ma che era praticamente evaso e che doveva scontare ancora sei mesi di carcere.
Viene arrestato e lui si giustifica dicendo "Me ne ero scordato".
Morale di Costanzo: fare attenzione magari con una cura per la memoria.
Fine del programma.
1 minuto pulito.
Il mio commento: bella cazzata. Con tutto quello che sta succedendo sta pillola di saggezza. Chissà quanto lo pagano per questo monumentale progogramma di infomazione. Ormai lontanissimi i tempi in cui Costanzo e Santoro facevano i programmi staffetta contro la mafia.
Stamattina mi è ricapitato di risintonizzarmi su Radio1.
Andava in onda "Radio anch'io" in diretta dalla scuola di Giornalismo di Perugia nell'ambito del International Journalism Festival in corso in questi giorni.
Intervistano Oleg Kashin, reporter russo del Kommersant aggredito e ridotto in gravissime condizioni in un misterioso agguato sotto casa qualche mese fa e la giornalista e scrittrice messicana Cynthia Rodriguez, da tempo impegnata in delicate inchieste sul narcotraffico.
Storie agghiaggianti. 
Si parla di come in Russia, nell' ex blocco sovietico, ad esempio in Ungheria (Paese che è nell'Unione Europea ed attualmente il suo premier è presidente di turno del semestre comunitario) o in Cina il controllo sulla liberta di informazione sia quasi totale.
Lo stesso in alcune zone del Sud America e dei Paesi Arabi.
Agghiaccianti le storie di Kashin o della Rodriguez.
Gente che non guadagna chissà che ma che si rende la vita impossibile per il diritto all'informazione.
Perchè sentono che è giusto fare sapere.
Gente che viene minacciata,  presa a botte, quando non proprio ammazzata dai loro stessi governi di appartenenza.
Come è successo 5 anni fa ad  Anna  Politkovskaja.
Eroi o incoscienti ?
Probabilmente l'incoscienza è il punto di partenza da cui si comincia ad essere eroi.
Perchè se si è calcolatori non potrà mai accettarsi di mettersi in pericolo di vita.
Non è un caso che il giornalismo imperante sia quello modello Vespa.
Quello che non rischia mai.
Quello che non dice nulla che vada fuori dal protocollo.
Perchè sa che se vuole esistere deve recitare quella parte a copione.
Senza mai uno slancio creativo o un sussulto di orgoglio che faccia chiedere qualcosa di non concordato a tavolino.
Anche le risse verbali ormai sono calcolate.
Battibecchi ideologici in un mondo che non vive più di ideologie.
E' lo schema classico imperante in questa televisione generalista dei talk e delle trasmissioni di approfondimento quotidiano.
Con la scelta di ospiti ad hoc, poi, non c'è nemmeno il fastidio di istruirli prima.
Non siamo la Cina o la Russia.
In Italia non chiudono la Rete (per il momento). E Interenet è l'unica sorgente per trovare qualche notizia più vicina alla realtà dei fatti.
Non c'è un regime di repressione sanguinaria.
Ma paghiamo il dazio di questa insopportabile censura morbida realizzata attaverso un sistema fatto di informazione quotidiana infarcita di VespaMinzoliniCostanzoFerraraInfanteSgarbiBianchettiD'UrsoStudiApertiTG1,2,4e5 che 24 ore su 24 nutre la gente di se stessa.
Cioè di non - informazione.
Quando poi un Santoro o una Gabanelli (stranissimamente sempre con audience altissima e introiti pubblicitari attesi come manna dal cielo le dissestate casse RAI amministrate dal fidatissimo dg Masi) si pongono in contrasto con questo sistema, sono sempre presenti nella lista dei prossimi epurati, perchè loro sono faziosi e comunisti.
Che tristezza.
Eppure Paesi dove la situazione è decisamente migliore non sono così lontani. Senza aspirare alla libertà statunitense, non potevamo almeno essere una Germania, un Inghilterra o una Spagna ?
Niente. Siamo l'Italia.
Dalla radio la voce dello speaker mi risveglia da questi pensieri e preannuncia la nuova puntata di "Tutte le mattine" di Costanzo.
Grazie speaker e la spengo subito.
Sorridendo al paradosso che alla fine per sopravvivere ho bisogno di censurare anche io.


mercoledì 13 aprile 2011

Gli Italiani sono migliori di chi li governa - tratto da www.metilparabren.it

Ieri pomeriggio ho passato un'oretta nella scuola elementare di mio figlio per il colloquio periodico con le sue maestre, e come mi capita tutte le volte che ci vado mi sono accorto di un fatto singolare: gran parte di ciò che rende quella scuola vivibile, allegra, interessante e perfino fruibile si deve all'entusiasmo e alla buona volontà del personale didattico, dei genitori e degli stessi alunni.
Là dentro tutto parla di loro: i disegni dei bambini attaccati alle pareti, lo scottex e il sapone liquido comprati con i soldi raccolti tra di noi, i righelli di carta di Ikea che qualcuno si è preso la briga di andare a prendere e appiccicare ai banchi con lo scotch, i piccoli oggetti di arredamento fatti durante l'orario di scuola che sono sparsi qua e là, i vestitini per la recita portati dalle maestre e dai genitori, l'iniziativa proposta da qualcuno che ha letto sul giornale che c'è una certa mostra e allora ha pensato di portarci la classe.
Senza quelle persone la scuola non sarebbe che un casermone spoglio e triste con gli arredi raffazzonati e rimediati, gli attaccapanni pendenti da un lato e uno diverso dall'altro, gli armadi con un'anta sola perché l'altra si è rotta da chissà quanto e non c'erano i soldi per ripararla, le tende che mancano, le mattonelle che saltano qua e là.
Così, mentre loro tagliano i fondi e investono tempo e risorse in commissioni d'inchiesta per valutare la presunta faziosità dei libri di testo, i genitori e gli insegnanti di tutta Italia sono costretti ad affannarsi per fare in modo che le scuole siano posti minimamente dignitosi per accogliere i bambini, per dare loro qualche stimolo in più, per formare in modo decente quelli che tra qualche anno dovranno mandare avanti il paese.
Sapete cosa? E' l'ennesima dimostrazione di un fenomeno che sarà pure un tormentone, ma più passa il tempo più mi pare drammaticamente vero: in questo paese la cosiddetta "società civile" è di gran lunga migliore della classe politica che la governa.
Sono cose che danno da pensare, o sbaglio?

Maurizio Crozza - Ballarò del 12 aprile 2011

martedì 12 aprile 2011

Lavoro a Taranto: un grande futuro alle spalle

E' di pochi giorni fa la notizia della estemporanea manifestazione di protesta dei lavoratori precari dell'Amiu sotto la casa del sindaco di taranto, Ippazio Stèfano,  per un incontro finalizzato allo sblocco di una annosa vertenza per la propria assunzione in azienda.
Solitamente il luogo preposto a questo tipo di manifestazione è lo spiazzo antistante Palazzo di Città, il Municipio ubicato appena all'interno della Città vecchia del capoluogo jonico. 
Solitamente, chi passa da quelle parti si imbatte spesso in gruppi più o meno nutriti di lavoratori incazzati che manifestano e difendono con tutte le armi civilmente possibili la sopravvivenza al diritto di un pezzo di pane. Spesso avvelenato, ma questo è un altro discorso. 
Trovare lavoro a Taranto è come trovare parcheggio per un autocarro a rimorchio in pieno centro nelle ore di punta.
Taranto, da anni, vede la propra situazione occupazionale precipitare giorno dopo giorno.
A partire dagli anni del fantomatico dissesto del Comune (fallito come una Parmalat qualisiasi) la città dei due mari ha visto la propria già debole economia affondare inesorabilemente nelle sue realtà avviate e negare credibili promesse di futuro ai proprio ragazzi.
Due le realtà emblematiche di questa città: l'Ilva ed il call center di Teleperformance.
La tradizione la prima, l'appiglio ad un fragile futuro il secondo.
L'Ilva è benficiaria di una eredità pesantissima che ha il proprio de cuis nell'Italsider.
Gruppo IRI, quindi statale, dai primi anni 60 fino al 1995 quando viene acquista dal gruppo privato facente capo a Emilio Riva.
Da allora un ridimensionamento numerico ed organizzativo della azienda.
Snellente per i costi e improntato a cercare sempre voci in positivo da mettere in bilancio.
Con risultati non sempre incoraggianti sul piano delle garanzie di sicurezza sul lavoro e di tutela dell'ambiente.
Su queste ultimo aspetto poi le polemiche sono letteralmente all'ordine del giorno.
Per dare un idea del livello di nervosismo sulla questione basterebbe citare il caso di Fabio Mattacchiera, attivista ambientalista e blogger tarantino, che a dicembre 2010 si è visto ricevere dall'Ilva una querela per diffamazione per aver osato ripendere con una telecamera a infrarossi le immissioni notturne delle ciminiere industriali.
Insomma un territorio che sta pagando caramente la garanzia di un posto di lavoro.
Garanzia peraltro fiaccata dalla applicazione all'interno del siderurgico di contratti atipici, a tempo determinato, a progetto, a chiamata e con il diffuso uso della cassa integazione invalso a ridosso della recente crisi finanziaria.
Dall'altra parte c'è Teleperformance.
Duemila operatori a tempo indeterminato.
Duemila giovani. Molti diplomati e laureati. 70 % donne.
Molte famiglie nate sull'onda di una regolarizzazione insperata giunta nel 2007 grazie alla volontà della azienda di investire sul futuro e su un servizio di eccellenza per le aziende commissionanti assistenza per i propri clienti oltre che al sostegno della Regione Puglia grazie ai finanziamenti per le imprese che investono sul territorio. E che non devono poi scappare.
Anche  a Taranto, però, un mercato del lavoro cinico e ispirato ai dettami dell'iperliberismo crea le proprie tragedie occupazionali.
Quello dei call center non è pienamente regolarizzato. Anzi.
Un lavoro lasciato a metà dalla circolare Damiano e non ripreso, dal successivo governo Berlusconi, attraverso l'attuale ministro del Lavoro, Sacconi.
Quindi un mercato che soffre dumping e concorrenza sleale.
Quindi call center che delocalizzono il lavoro nei Paesi asiatici o del Terzo Mondo per spendere meno sui costi rappresentati dagli stipendi degli operatori.
Call center che continuano a pagare a progetto come fa ancora la maggior parte di essi.
Call center platelmente illegali.
Il sistema non regge più e l'anno scorso Teleperformance ha aperto le procedure di mobilità dichiarando circa 847 esuberi tra le sedi di Taranto e Roma.
Rientrati gli esuberi si è concordata l'applicazione dei contratti di solidarietà (lavorare, e guadagnare,  meno, lavorare tutti). A giugno scade il primo anno. Per un eventuale rinnovo sarà necessario riaprire le procedure di mobilità. 
Ovviamente l'economia di Taranto è fatta di molti altri settori.
Diversi.
Ma accomunati tutti e in maniera inquietante da' affanno, sofferenza e da uno stato di costante annaspata sopravvivenza.
Sintomi e spettri di fallimento dettati ultimamente dalla crisi, ma figli di una condizione di disagio economico e sociale che ormai cronicizzato negli anni non ha mai allentato la presa sul nostro Sud.
Gli esempi dell'Ilva e di Teleperformance, parlano di Taranto ma dicono di tutto il mondo del lavoro. Tracciano un ideale linea di congiunzione tra il passato delle ciminiere ed il futuro di un pc collegato ad una rete telefonica.
In mezzo un presente sfiduciato che interrogandosi sulle proprie sorti non può che immaginarlo lontano da qui.      

   

lunedì 11 aprile 2011

San Raffaele, quel sogno rattrappito - tratto da www.igrilliditarantoin movimento.com

 

Posted in Taranto by admin | aprile 11th, 2011
di Nino Sangerardi – 11 Aprile 2011

TARANTO - I numeri sono implacabili e chiari. L’impero economico e sanitario denominato Gruppo San Raffaele, ideato 42 anni fa da Don Luigi Maria Verzè, è piagato di debiti: 901 milioni di euro al 23 marzo 2011 stante il patrimonio netto, certificato nel 2008, di appena 64 milioni. Ammonta a 400 milioni di euro il debito con i fornitori, 575 i giorni di attesa per i pagamenti, 178 milioni i rimborsi per ricoveri e attività ambulatoriali ricevuti dalla Regione Lombardia. Gli avvocati di molti creditori sono pronti a inoltrare nei Tribunali richieste di decreti ingiuntivi a raffica.
Pertanto i nuovi manager del San Raffaele, Carlo Salvatori in primis, hanno deciso di mettere in atto il Piano vendita di beni (trattasi di affari non collegati all’assistenza sanitaria e ricerca scientifica e Università: hotel a 4 stelle, fazendas in Sud America, aerei, una società che si occupa di metano) utile a incassare , entro il 30 aprile 2011, minimo 120 milioni di euro per tranquillizzare banche e fornitori. Ci riusciranno? Difficile dire, visto che gran parte degli immobili e compagini sociali da dismettere risultano in perdita.
Quindi si vocifera l’ipotesi sempre più concreta di liquidare due ospedali: quello in costruzione ad Olbia con 200 posti letto e 150 milioni di euro d’investimento, e l’Hospital Monte Tabor Sao Rafael in Salvador de Bahia dotato di 300 posti letto.
Al vertice del gruppo San Raffaele c’è la Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor. Struttura di potere decisionale proprietario ammantata di riservatezza. Si sa che presidente del consiglio di amministrazione è Don Luigi Verzè (91 anni d’età, però afferma sicuro in luogo pubblico che, come il suo sodale Silvio Berlusconi, vivrà almeno fino a 120 anni), vicepresidente Mario Cal (72 anni), Roberto Cusin (71 anni), Ennio Doris (70 anni, presidente di Mediolanum Assicurazioni nonchè socio della famiglia Berlusconi), Laura Ziller (67 anni, responsabile Hospital Monte Tabor Sao Rafael).
Con la Fondazione San Raffaele Monte Tabor il Governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha firmato un accordo per realizzare a Taranto il complesso ospedaliero San Raffaele del Mediterraneo: 120 milioni di euro deliberati dalla Giunta regionale e 90 milioni, in leasing costruendo, che dovrebbero essere a carico della fondazione di Don Luigi Verzè.
A questo punto della sua cronistoria imprenditoriale la Fondazione Monte Tabor, socio della Regione Puglia nel consiglio di amministrazione della Fondazione San Raffaele Mediterraneo, in base a quale capacità monetaria rispetterà gli impegni sottoscritti e inerenti il nuovo ospedale tarantino?
E’ possibile che il presidente Vendola, i suoi consulenti, i suoi assessori regionali– e finanche i compagni dell’agglomerato partitico SEL e i funzionari e agit prop delle fabbriche virtuali di Nichi– non si sono documentati intorno alla situazione contabile in capo a Don Luigi Verzè, già finanziariamente precaria nell’anno 2008? Come fa oggi, aprile 2011, la Regione Puglia a intrattenere rapporti con la Fondazione Centro Monte Tabor di Milano il cui presente e futuro amministrativo è un buco nero in fondo al tram che passa nei dintorni di via Festa del Perdono, Milano?
L’ ospedale avveniristico da costruire nel quartiere Paolo VI della Città dei Due Mari, giorno dopo giorno, precipita in un sogno politico e ospedaliero rattrappito, che fatica ad essere oggetto quasi vero, la cui posa della prima pietra è stata rinviata per ben due volte.
Perchè i 60 milioni di euro (su 120) resi disponibili, ma fermi su conto bancario, per il San Raffaele del Mediterraneo non vengono spesi per la ristrutturazione dei due ospedali pubblici di Taranto, il Moscati e il Santissima Annunziata? Oppure per lenire le sofferenze dei pugliesi a causa della chiusura degli ospedali e taglio dei posti letto e aumento “ticket sulla salute” decretati dal Governatore Vendola, comunista e cattolico (in campagna elettorale dixit: ” Non metterò mai la tassa sul dolore”), e assessori?
Un presidente che da circa 6 anni gestisce una regione come la Puglia, 4 milioni 146 mila abitanti, il quale ultimamente ha dichiarato serio: ” Io mi batto non per far del male a Berlusconi ma per fargli del bene, per liberarlo dalle sue ossessioni, da codici culturali che gli impediscono di rilassarsi e vivere con pienezza la sua umanità”, si legge in “Chi ha paura di Nichi Vendola?” di Elisabetta Ambrosi, Marsilio editore. Liberare Berlusconi da quali ossessioni? Mistero della sinistra partitica ecologica libera e migliore.

La guerra di Ignazio tratto da da www.espresso.it

di Gianluca Di Feo e Claudio Lindner


Al servizio militare era un soldato scadente, congedato in anticipo. Agli americani ha detto di avere fatto il parà nella Folgore: una balla. Ora si eccita per le bombe in Libia, ma i generali non lo sopportano. Storia vera di Ignazio La Russa: l'ex fascista che da giovane stava con i Pellerossa e adesso invece gioca al cow boy

Il ministro Ignazio La Russa
Il ministro Ignazio La Russa





"Missili anti-radiazioni! Tornado antiradar! Caccia anti-aerei!". Il giorno del primo attacco alla Libia Ignazio Benito Maria La Russa sembrava Atlas Ufo Robot: come il Goldrake dei cartoni animati urlava in diretta tv nomi di armi portentose per scacciare Gheddafi. Poi la mattina dopo si è presentato ad annunciare che i nostri stormi avevano neutralizzato le difese di Tripoli. In realtà l'unico ad essere abbattutto è stato il pilota dell'Aeronautica che ha professionalmente spiegato i fatti: non era stato lanciato alcun missile.

Lo hanno mandato via a velocità supersonica, per evitare che i sogni fantabellici di Ignazio ministro d'acciaio venissero spazzati via. Ma chi negli Stati Maggiori deve convivere con La Russa ormai è alla disperazione, costretto a fare i conti con proclami in libertà, iniziative pasticciate e una profonda ignoranza per le questioni militari. Ama le parate, le tute mimetiche, i voli dannunziani ma si annoia nei vertici operativi e mostra insofferenza per i summit internazionali, aspettando solo il coffee break per mettersi a fumare e incollarsi al cellulare per parlare del partito. Eppure La Russa si era imposto come l'unico titolare della Difesa con un trascorso da ufficiale. Per l'insediamento avevano pensato di diffondere il suo stato di servizio in pompa magna, poi quando hanno recuperato il fascicolo si è deciso che era meglio riseppellirlo negli archivi. "Diciamo che aveva servito la patria poco e male...", sussurrano nel palazzone di via XX settembre. Un documento top secret, in cui lo si vede recluta nella scuola di Ascoli, dove gli istruttori faticano a metterlo in riga: "Sono entrato un po' disordinato ma mano mano ho acquisito una consapevolezza nuova". Quindi lo mandano a Genova e di corsa lo avvicinano a Milano, dislocandolo a Bergamo. Ma nella caserma Montelungo lo vedono poco, tra permessi a casa e un addio alle armi molto rapido.
La voce sul servizio militare "agevolato" del ministro della Difesa viene raccolta anche da uno che lo aveva conosciuto e frequentato parecchio, Tomaso Staiti di Cuddia, missino della prima ora, consigliere comunale a Milano nei caldi anni Settanta, deputato per tre legislature, oggi aderente a Futuro e Libertà: "Quando l'ho visto in televisione parlare dei Tornado mi è venuto in mente del suo congedo anticipato, ho chiesto a un amico e me lo ha confermato". Forse è nel suo plotone missilistico che La Russa ha imparato a spararle grosse perché - come rivela un cablo di WikiLeaks che "l'Espresso" pubblica in esclusiva - nel 2008 agli emissari del governo americano ha detto "di avere svolto il breve servizio militare nei paracadutisti della Folgore e che per questo aveva cercato l'incarico di ministro della Difesa".

VISTO DA WIKILEAKS
Quel file riservato del 23 maggio 2008 descrive il primo incontro tra un rappresentante di Washington e il politico prossimo alla nomina nel governo Berlusconi. Le sue priorità? Tutte rimaste sulla carta, tranne un capriccio che gli sta particolarmente a cuore: la mini-naja "per diffondere un senso di orgoglio civico". Come? "D'estate le caserme devono aprire le porte ai giovani per trenta giorni. Lui spera che questo spinga alcuni verso la carriera militare ma diffonda anche un senso di identità nazionale e di servizio al Paese. Ha detto che il programma può indirettamente contribuire per combattere la microdelinquenza e il consumo di droga tra i ragazzi". Annotano però gli americani: "I suoi trascorsi e il sostegno a questa proposta profumano un po' di fascismo...".
La sua biografia trasmessa a Washington recita: "E' un gran chiacchierone (talkative), energetico e ama fare battute per illustrare il suo punto di vista. E' una personalità teatrale (flamboyant) e ammette apertamente che gli piace stare sotto i riflettori". La Russa racconta che già nel 2001 Berlusconi gli aveva offerto una poltrona ma lui aveva preferito restare alla guida del gruppo parlamentare di An: "Io sono innamorato della politica. Mi sono divertito all'opposizione ed è stato estremamente gratificante mettere in luce le debolezze del governo".