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martedì 13 dicembre 2011
Il Paese del "ma anche"
Qualche anno fa Maurizio Crozza proponeva una esilerante imitazione di Walter Veltroni. Primo segretario dell'allora nascente Partito Democratico. ( http://www.youtube.com/watch?v=jlLUbH_gwUk )
Veltroni incarnava alla perfezione quella che sarebbe stata la successiva linea politica del partito.
Quella cioè del non decidere.
Quella di tenersi sempre e con estrema attenzione alla larga da qualsiasi condizione di azione di opposizione.
In tutte quelle manifestazioni di opposizione al precedente governo Berlusconi realizzate dalle forze di minoranza parlamentari ( Idv) ed extra paralmamentari ( Sel e movimenti di opinione, come Popolo Viola o il 5 Stelle di Beppe Grillo) il Pd si è ben guardato di stare sempre e costantemente ai margini di qualsiasi sospetto di azione di disturbo.
Quando c'era occasione di dare un colpo alle nefandezze del precedente esecutivo, il Pd era sempre e puntualmente assente.
Quando si votò il vergognoso "scudo fiscale" che garantì il rientro di un sontuoso 5 % di capitali nelle casse dello Stato ( mentre le stesse manovre fatte all'estero e realmente eccezionali garantivano il rientro della metà del maltolto) molti esponenti di spicco del Pd che potevano mettere sotto la maggioranza non si presentarono neppure in aula impegnati in convegni o comunioni.
E quando qualcuno osò fare notare la grave "dimenticanza" nel sostenere le pregiudiziali di incostituzionalità proposte da Di Pietro memorabile fu la risposta di D'Alema che disse che non gli avevano spiegato bene l'importanza di quel voto.( http://www.youtube.com/watch?v=8Cysf0EPIHM)
Insomma il Veltroni di Crozza incarnava alla perfezione il senso della azione programmatica del partito che era quello di non fare mai male a nessuno.
Crozza - Veltroni nei suoi comizi dal palchetto del Pd affrontava ogni questione senza mai darsi una linea netta, ma muovendsi sempre nel cercare una quadratura, un equilibrio, concludendo ogni suo proposito con un "ma anche" apparentemnete risolutivo anche delle questioni più inconciliabili.
Ovviamente la verità non sta nella apparenza.
Il Pd non si rifiutava di fare opposizione vera perchè incapace di farla.
Perchè interessato a non farla.
Perchè interessato a mantenere quei feudi di potere interni al partito che una pax armata con il berlusconismo gli avrebbe garantito.
Io non tocco il tuo (gigantesco) conflitto di interesse tu non tocchi i (tanti ma piccoli) nostri.
Io non metto mano al duopolio televisivo tu non ci tocchi le cooperative.
Tu hai le tue banche di riferimento, noi manteniamo le nostre.
Ecco perchè per anni, a fronte della più imbarazzante gestione della cosa pubblica degli ultimi 150 anni, laddove un partito serio e realmente di massa non c'avrebbe pensato due volte a fare vera oppposizione e a dare il proprio contributo democratico a mobilitare propri simpatizzanti e società civile per creare un movimento d'opinione più sensibile alle porcate in atto, ci siamo dovuti accontentare del Pd.
Ecco perchè quando poi lo scorso 13 novenbre Berlusconi si è dimesso ormai fiaccato da una maggioranza risicatissima con cui non poteva gestire l'emergenza della crisi finanziaria in atto ( quindi sostanzialmente per autodistruzione) la sortita del segretario Pd Pierluigi Bersani ( "noi abbiamo fatto cadere Berlusconi") dagli Appennini alle Ande è stata commentata con una sonora risata.
L'autolesionismo berlusconiano unito ad una inguardabile gestione della cosa pubblica ha messo il Pd nelle condizioni di (poter) essere oggi il (probabile) partito di maggioranza del futuro.
Ebbene questo non decisionismo di democraticoveltroniana memoria, questo eterno rinviare al "ma anche", sembra in qualche modo emergere anche nelle azioni di questo governo tecnico.
Sopratiutto quando si tratta di andare a mettere mano ( per meglio dire tagliare, svecchiare e liberalizzare) feudi e lobby die hard ( duri a morire).
Tagliare pensioni non tuetalte da lobby e banche e che garantiscono subito cassa e sin troppo facile.
Come aumentare la benzina o tassare la prima casa.
Non passa indifferente, invece, la difficolta con cui questo governo dovrebbe tagliare le Province ( le aboliamo ... ma dal marzo 2013), tagliare gli stipendi ai parlamentari ( li tagliamo .... ma non come Governo, ma col Parlamento e quindi con calma ) liberalizzare professioni ( ma non i farmacisti) o ambiti lavorativi ( ma non i tassisti ... ma non il pubblico trasporto ... ).
E' difficile capire sino a che punto il Governo Monti non possa mettere mano a certe questioni ( se mette la patrimoniale Berlusconi gli stacca la spina) e sino a quale punto sia proprio interessato a non farlo ( le banche sono ben rapprensentate e tutelate da questo esecutivo, anche con un interssante conflitto di interessi del Ministro Corrado Passera contemporaneamente reggente del dicastero dello Sviluppo Economico, Trasporti e Infrastrutture e membro dei consigli di amministrazione di quelle banche, Intesa Sanpaolo su tutte, interessate a essere parte attiva di quelle azioni di sviluppo delle attività produttive commissionate dallo Stato. Cioè da se stesso).
Fatto sta che gli eventi hanno dato ragione alla politica del "non esporsi mai" del Partito Democratico.
E dovrebbe fare riflettere quanto sia grave questa crisi finanziaria se ci ha ridotto a constatare come il vincente modello di gestione dello Stato del futuro si sia rivelato quello proposto da Crozza -Veltroni.
La differenza è che in questo caso non ci sarà una risata finale a farci capire che è tutta una gag. Purtroppo questa è la nostra realtà'
lunedì 12 dicembre 2011
Io me ne andRai
Augusto Minzolini non sarà più direttore del Tg1.
Meno male, potrebbe dire qualcuno.
Ed io tra questi.
L'epopea del direttore del telegiornale ( una volta) più autorevole della televisione italiana avviene nel segno di un noto politico italiano di cui non faccio il nome.
Berlusconiano, proveniente da Panorama ( giornale di Berlusconi) messo lì da Berlusconi, è stato rimosso dal Direttore Generale della Rai, Lorenza Lei (messa lì da Berlusconi per sotituire Masi ex dg Rai nominato da Berlusconi) e verrà sostituito da Albero Maccari, attuale direttore dei Gr Regionali in fase di prepensionamento.
A proposito: voluto da Berlusconi.
Minzolini ha confezionato in questi anni un Tg1 mai così sfacciatamente di parte e di cui ricorderemo gli ultra-schieratissimi editoriali.
Adesso va via.
Non tanto per i suoi editoriali quanto perchè fiaccato dai deludenti risultati Auditel che hanno visto sprofondare il Tg1 ( sorpassato un paio di volte dal Tg3 e spesso battuto dal Tg5) e da una inchiesta giudiziaria che lo ha visto rinviato a giudizio per peculato a causa di un uso disinvolto della carta di credito aziendale (in 14 mesi, tra il luglio 2009 e ottobre 2010, avrebbe speso con la carta di credito aziendale 68 mila euro. Somma comunque poi restituita)
Nel commentare le modalità con cui è stato allontanato dalla poltrona di direttore Minzolini parafrasando il mitico (ex) ministro Calderoli ha bollato la vicenda come una "porcata".
Ha ragione.
In Rai è tutta una porcata.
E' una porcata che Minzolini ( pagato da noi ) rimanga al Tg1 con uno stipendio da 500.000 euro l'anno a fare il corrispondente di punta da Parigi o da New York.
E' una porcata che una azienda indebitata fino al collo e pagata con soldi pubblici non investa sulla eccellenza e la meritocrazia ma imperterrita continui a svilirsi al ruolo bipartizan di mangiatoia di politici ed amici dei politici.
E' una porcata vedere quanto la Rai sia costretta più di tutti a pagare la mancata soluzione del gigantesco conflitto di interesse berlusconiano ( non risolto a destra appositamente per garantire il mantenimento in vita dei più piccoli ma numerosissimi conflitti di interesse cari alla sinistra) che deve vederla perdente per forza rispetto Mediaset.
E' una porcata pagare il canone per una televisione che non ha più nulla di servizio pubblico.
In tempi di crisi questa vicenda passa (anche giustamente) inosservata, presi come siamo a pensare alla benzina che costa quanto un chilo di tartufi, ad una bolletta della luce sempre più cara e più in ritardo nel pagamento, ad una prima casa che diventa da un giorno all'altro un bene di lusso piuttosto che ad una pensione tagliata ai nostri padri e nonni e che noi giovani non vedremo mai.
Però ha il pregio di darci uno spaccato lucidissimo della piccolezza del nostro Paese.
La Rai come l'Italia.
Occupata dai partiti.
Funziona male.
Indebitata.
Malata di raccomandazioni ed inefficenze.
Sull'orlo del fallimento.
Ed ora sottoposta all'ennesima finta rivoluzione.
Al Tg1 si sta per cambiare tutto, per essere sempre sicuri di non cambiare niente.
sabato 10 dicembre 2011
Trasversalmente
Sabato 10 dicembre 2011 vengono presentati 1200 emendamenti di modifica alla Finanziaria di Mario Monti.
Una manovra da 30 miliardi che ha suscitato lo sdegno unanime dei sindacati per durezza e iniquità.
Trasversalmente questa manovra ha ricompattato tutti i sindacati da sinistra ( CGIL -CISL- UIL) a destra (UGL).
Pagano i soliti pensionati e lavoratori dipendenti.
Aumentano le tasse.
Torna l'Ici (Imu) sulla prima casa.
Esclusa una patrimoniale.
Mantenuti i privilegi Ici alla Chiesa ( fatta salva una disponbilità a parlarne dell'ultima ora del Cardinale Bagnasco).
Intendimento di regalare le frequenze del pacchetto beauty contest per il digitale terrestre ( potrebbe esserci un introito di almeno 15 - 16 miliardi)
Nessuna misura specifica anti evasione fiscale (160 miliardi all'anno mai recuperati)
Riconosciuto solo un (ridicolo) 1,5 % di imposta sui valori scudati dall'ultimo condono fiscale che gli esperti contabili della Camera dei Deputati reputano per altro difficilmente recuperabile.
oltre qualche lieve taglio a vitalizi e privilegi parlamentari.
Anzi no.
La notizia è proprio questa:
verrà modificata la norma della manovra che prevede il taglio degli stipendi dei parlamentari a partire da gennaio.
Ad annunciarlo uno dei relatori, Pier Paolo Baretta (Partito Democratico).
Un accordo trasversale.
Da destra a sinistra tutti trasversalmente d'accordo.
All'indomani della presentazione della manovra ( e degli onorevoli e trasversali mugugni in Transatlantico) il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha ritenuto "inappropriata" l'idea di modificare le idennità parlamentari per decreto.
La manovra prevedeva fosse il Governo a recepire gli esiti del confronto sugli stipendi degli altri parlamenti europei di cui si sta occupando una commissione guidata dal presidente dell'Istat, Enrico Giovannini.
Purtroppo (e con vivo dispiacere) non può essere il Governo a 'recepire' i risultati ma il Parlamento.
Possibilmente trasversalmente.
E nessuno pensi che sia l'ennesima scusa per perdere tempo.
Il Presidente Fini esclude infatti che da parte del Parlamento ci possa essere "un'azione dilatoria nei confronti dell'adeguamento del trattamento economico di deputati e senatori italiani".
Ed anche su questa ultima dichiarazione di Fini trasversale accordo da destra a sinistra.
Ieri, venerdì 09 dicembre, è scoppiato un pacco - bomba recapitato alla agenzia Equitalia di via Millevoi a Roma.
Marco Cuccagna, vicedirettore della agenzia rimane ferito al volto (rimossi 200 frammenti di vetro dagli occhi) e ad una mano perdendo una falange.
Il gesto è stato rivendicato dalla Federazione Anarchica Informale (Fai).
Un gesto vile, vergognoso e infame da condannare senza se e senza ma.
Unanime la soldidarietà di tutto il mondo politico.
Potenza della ingiustizia. Potenza della trasversalità.
venerdì 9 dicembre 2011
giovedì 8 dicembre 2011
Il metro della ipocrisia
Giovedi scorso l'ex ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta (Pdl) a Servizio Pubblico da Michele Santoro ha illuminato la platea (ed un esterefatto Sergio Cofferati) di consigli di buon senso sul mercato del lavoro.
Denis Verdini (Pdl) ha dichiarato che, dipendesse da lui, metterebbe l'Ici sui beni immobili della Chiesa.
Martedì scorso a Ballarò anche l'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni (Lega) e quello della Pubblica Istruzione Maristella Gelmini (Pdl) si sono fatti paladini della stessa mancanza e dei tagli alle pensioni della manovra Monti.
Viceversa.
Antonio Di Pietro (Idv) ha contestato il tenore di una manovra improntata sulla esigenza di fare cassa ma, oggettivamente, iniqua, minacciando di non votarla e Pierluigi Bersani (segretario del Pd entrato in maggioranza) invece di dare garanzie su qualche correttivo a tutela delle fasce più deboli gli ha ringhiato contro dandogli preavviso di rottura dell'alleanza di centrosinistra.
Il recente cambio della guardia a Palazzo Chigi ha rimischiato i ruoli a cui eravamo abituati da spettatori del "teatrino della politica".
Chi ieri rivestiva ruoli di governo oggi parla come se fosse all'opposizione da trent'anni.
Chi oggi si ritrova dall'opposizione al governo si adegua immediatamente al ruolo di potere tradendo gli interessi di quell'elettorato che ha contribuito a garantirgli lo scranno parlamentare.
Niente di che. In fondo ci siamo abituati.
Ma fa sempre impressione vedere su un politico gli effetti paradossali di un processo di avvicinamento o di allontamento dal potere.
Se ne potrebbe trarre una vera e propria legge fisica.
Un politico immerso nel potere riceve una spinta dall'interno verso l'esterno uguale per forza ed intensità al peso del volume della coerenza spostata.
Resterebbe da decidere solo l'unità di misura da applicare.
Personalmente proporrei l'ipocrisia.
Denis Verdini (Pdl) ha dichiarato che, dipendesse da lui, metterebbe l'Ici sui beni immobili della Chiesa.
Martedì scorso a Ballarò anche l'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni (Lega) e quello della Pubblica Istruzione Maristella Gelmini (Pdl) si sono fatti paladini della stessa mancanza e dei tagli alle pensioni della manovra Monti.
Viceversa.
Antonio Di Pietro (Idv) ha contestato il tenore di una manovra improntata sulla esigenza di fare cassa ma, oggettivamente, iniqua, minacciando di non votarla e Pierluigi Bersani (segretario del Pd entrato in maggioranza) invece di dare garanzie su qualche correttivo a tutela delle fasce più deboli gli ha ringhiato contro dandogli preavviso di rottura dell'alleanza di centrosinistra.
Il recente cambio della guardia a Palazzo Chigi ha rimischiato i ruoli a cui eravamo abituati da spettatori del "teatrino della politica".
Chi ieri rivestiva ruoli di governo oggi parla come se fosse all'opposizione da trent'anni.
Chi oggi si ritrova dall'opposizione al governo si adegua immediatamente al ruolo di potere tradendo gli interessi di quell'elettorato che ha contribuito a garantirgli lo scranno parlamentare.
Niente di che. In fondo ci siamo abituati.
Ma fa sempre impressione vedere su un politico gli effetti paradossali di un processo di avvicinamento o di allontamento dal potere.
Se ne potrebbe trarre una vera e propria legge fisica.
Un politico immerso nel potere riceve una spinta dall'interno verso l'esterno uguale per forza ed intensità al peso del volume della coerenza spostata.
Resterebbe da decidere solo l'unità di misura da applicare.
Personalmente proporrei l'ipocrisia.
lunedì 5 dicembre 2011
domenica 4 dicembre 2011
venerdì 2 dicembre 2011
TraMonti
Ce l'abbiamo fatta. Berlusconi se n'è andato spazzato via da una crisi finanziaria mondiale ingestibile per una maggioranza troppo fragile per sopravvievre nelle mani di uno Scilipoti qualunque. Dopo 24 ore di legittimi festeggiamenti per la chiusutra di una delle pagine più imbarazzanti della storia repubblicana ci siamo ritrovati a domandarci cosa fare. In realtà una domanda retorica. Napolitano dal Quirinale aveva già in mente il nome di Mario Monti come reggente di una fase finanziaria delicatissima per le sorti italiane ed europee. Ammaestrati ed edotti in pochissimo tempo sul significato della parola SPREAD ( ricorda gli anni della epopea nautica di Luna Rossa in coppa America quando improvvisamente gli Italiani impararono il liguaggio nautico ed al bar ci si lanciava in commenti da NAVIGATI addetti ai lavori come STRAMBARE o ANDARE DI BOLINA ) abbiamo capito, in sintesi, che questa volta eravamo davvero nei guai e non c'era più tempo per dilazioni o rinvii di alcun genere. In fretta e furia una maggioranza ultrabipartizan ( cioè tutti dentro tranne la Lega) e via con un Governo tecnico super professionale. L'Europa ci chiede provvedimenti e riforme. Non ce le implora. Ce le comanda. Perchè siamo a due passi dal baratro e se falliamo noi, fallisce l'Europa, fallisce l'Euro. Riforme. Ne sento parlare da quando ero all'asilo. Mai fatte veramente. Solite discussioni. Solite polemiche. Monti nel discorso al Parlamento parla di rigore, sviluppo ed EQUITA'. Benissimo. Vedimao ora i fatti. Lunedì prossimo presenterà il suo pacchetto di misure natalizio - governativo. Ancora nulla di ufficiale. Ma i primi segnali ci sono. Metteranno mano alle pensioni. Sindacati sul piede di guerra. Benissimo. Sacrifici per tutti. I pensionati sono abituè della cosa. Ci sarà dell'altro. Torna l'ICI. Ok. Martoriati i soliti noti ma ci sarà dell'altro, no ? Rigore sviluppo ed EQUITA'. Dicono che tagliano i vitalizi ai parlamentari ( che andranno in pensione a 60 anni pensate che rivoluzione) e che daranno il salario minimo garantito ai disoccupati. Benissimo. Liberalizzazioni delle professioni. Bene così. Eppure qualcosa non torna. La questione è che servono i soldi e si parla di provvedimenti miratissimi. Però non si parla di ambiti di genere. Esempio. Si parla di ICI sulla prima casa. Ma più in generale di abolizione dei regimi fiscali privilegiati sugli immobili della Chiesa ? Oppure della patrimoniale sui grandi redditi ? Oppure perchè non ho ancora sentito parlare di lotta alla evasione fiscale sopratutto sui grandi patrimoni ( il popolo dello scudo fiscale e dei condoni) ? Perchè ancora una volta anche di fronte allo spettro del default di Stato ( l'Italia sta fallendo e con lei rischia l'Unione Europea, per chi ancora non lo avesse ancora intuito) sento sempre i soliti nomi tra le vittime sacrificali dell'ennesimo irrinunciabile salasso ? Questo Governo è retto fondamentalmente dal Pdl ( nella storia dei suoi esponenti assoluto garante degli interessi patrimoniali della Chiesa, promotore dell'ultimo scudo - condono fiscale e che non vuole sentire parlare di patrimoniali) e dal Pd di Bersani che l'altro giorno ha belato qualcosa del tipo " scusate il disturbo ci saremmo anche noi". Però: rigore, sviluppo ed EQUITA'. Sarà. Sono un malpensante e quindi ho brutti sospetti per natura. Perdonatemi. Lunedì sarò sicuramente smentito. O almeno spero.
giovedì 22 settembre 2011
lunedì 12 settembre 2011
domenica 11 settembre 2011
Lettera d'amore
tratto da www.singolarecollettivo.blogspot.com di Sabina de Rosis
Addormentarmi con te è stato così facile
ieri.
Davvero,
non lo immaginavo...
Non l'ho
immaginato nemmeno quando mi hanno tessuto le tue lodi, descrivendo il modo
silenzioso e rassicurante col quale sai far compagnia.
Soprattutto
Marco e Marco. Quanto spesso si saranno ritrovati ad addormentarsi abbracciati
con te? Ed io che li prendevo in giro... a volte mi permettevo anche di fare del
facile e gretto moralismo. È capitato perfino che mi
scandalizzassi!
“Lei non vi renderà felice.Vi farà del male. Ma non vi accorgete di come vi state riducendo?!”
E non avevo
tutti i torti, tu lo sai. Certo che lo sai! Tu non dai felicità, mia cara, non è
questo ciò che sai fare. Tu forse togli tristezza e riempi solitudini, forse. Ma
dura poco.
La tua è
una terapia blanda e illusoria. Un placebo. Ma quant'è dolce la tua
illusione...
Soprattutto
quando vieni a far compagnia la notte nelle stanze vuote e vissute come la
mia.
Dura finché
dura. Al mattino, puntualmente, ci si sveglia e tu non ci sei. Al posto tuo il
vuoto che si pensava di aver colmato e una grossa confusione in testa. E nelle
fauci, anziché il tuo sapore, resta solo qualcosa di aspro, come una mancanza.
Una nuova mancanza. É voglia di te.
Sì, voglia
di un'altra notte con te.
Cazzo, sono le undici del mattino, sono sveglia da
poco meno di quattro ore e sto già immaginando, anzi pregustando il nostro
prossimo incontro. Non sono cotta,
non spaventarti.
Tu seduta
ai piedi del letto, mentre io, ancora spossata, mi ci sto riposando, sdraiata e
in pace col mondo. Ogni tanto allungo il braccio. Mi basta anche solo il
semplice contatto fisico per sentirmi meglio. Accarezzarti il collo nudo e
sentire i brividi del contatto tra la mia pelle calda e la tua, fredda e ancora
imperlata di gocce, mentre dentro ancora fremi. Mi basta toccarti un po' di più
e lo sento... fremi.
E allora mi
piace sporgermi verso di te, prenderti e appoggiare le mie labbra sulle tue. E
riempirmi di te la bocca e i pensieri, cancellando il resto.
Anche se è
solo un attimo.
Certo,
perché l'attimo seguente la mia voce ti parla ancora di lui, del suo affetto
fraterno, della nostra relazione “di base” e del nostro amore, che ora per lui è
solo qualcosa di collaterale, aggiuntivo, marginale.
“Tanto siamo stati qualsiasi cosa noi...”
diceva e le
mie parole fanno eco dentro di te, che in rispettoso silenzio mi ascolti. Anzi,
fai di più. Ti svuoti di te e ti riempi di me, delle mie ansie, delle mie
sofferenze, delle mie seghe mentali.
È per
questo che prima di gettarti ti richiudo. Perché i miei mali restino tutti
dentro te, come fossi un vaso di Pandora.
Invece sei solo la mia quinta birra.
Spread & spritz
Quali segni lascerà questa (ennesima) crisi economica sulla nostra quotidianità?
E' una di quelle domande che qualcuno potrebbe porsi in un momento di totale noia. Uno di quei momenti che può nascere inaspettato perche all'ultimo è saltata la giornata al mare piuttosto che l'uscita con la ragazza o gli amici. Insomma uno di quesgli istanti inattesi in cui ci si ritrova soli con sè stessi e ascoltando una notizia per la prima volta dall'undici settembre di 10 anni fa ci si spreca in una riflessione.
In questi giorni di turbolenze finanziarie va in scena, forse in pochi se ne accorgono, una buffa gag domestica giocata sulla sostanziale insofferenza con cui il cittadino qualunque reagisce alle altisonanti preoccupate e (più che fondatamente) catastrofiche dichiarazioni di default, di fallimentari indici mibtel di bond tedeschi (forse ottimi con crauti, birra e salcicce?) e di spread, quest'ultimo il più delle volte confuso con lo spritz di metà pomeriggio.
"Bruciati X miliardi in Borsa" dice allarmatissimo il giornalista finanziario in televisione, mentre il cittadino qualunque già cambia canale in cerca di un Grande Fratello o almeno di una Paperissima Sprint. Non ce pò fregà de meno insomma.
Qualche sussulto preoccupato lo si leva solo quando in televisione o su un giornale (utilissimo il trafiletto divagatore sulla Gazzetta dello Sport) parlando un attimo più terra terra ci allertano dell'(ennesimo) aumento delle tasse programmato nella manovra finanziaria.
Una manovra cambiata più spesso dell'allenatore del Palermo ma che conserva il suo leit motiv nella certezza che si aumenteranno le tasse.
In quel momento qualcosa in noi si muove.
Capiamo che il cetriolo globale di tremonti-guzzantiana memoria ci colpirà ancora.
Capiamo tutto e finalmente ci incazziamo.
Un pugno sulla tavola imbandita.
Un telecomando lanciato (non troppo violentemente) sul divano.
Un vaffa a Silvio.
Ecco. La nostra rivoluzione è fatta.
Appena in tempo per il posticipo della domenica sera.
E' una di quelle domande che qualcuno potrebbe porsi in un momento di totale noia. Uno di quei momenti che può nascere inaspettato perche all'ultimo è saltata la giornata al mare piuttosto che l'uscita con la ragazza o gli amici. Insomma uno di quesgli istanti inattesi in cui ci si ritrova soli con sè stessi e ascoltando una notizia per la prima volta dall'undici settembre di 10 anni fa ci si spreca in una riflessione.
In questi giorni di turbolenze finanziarie va in scena, forse in pochi se ne accorgono, una buffa gag domestica giocata sulla sostanziale insofferenza con cui il cittadino qualunque reagisce alle altisonanti preoccupate e (più che fondatamente) catastrofiche dichiarazioni di default, di fallimentari indici mibtel di bond tedeschi (forse ottimi con crauti, birra e salcicce?) e di spread, quest'ultimo il più delle volte confuso con lo spritz di metà pomeriggio.
"Bruciati X miliardi in Borsa" dice allarmatissimo il giornalista finanziario in televisione, mentre il cittadino qualunque già cambia canale in cerca di un Grande Fratello o almeno di una Paperissima Sprint. Non ce pò fregà de meno insomma.
Qualche sussulto preoccupato lo si leva solo quando in televisione o su un giornale (utilissimo il trafiletto divagatore sulla Gazzetta dello Sport) parlando un attimo più terra terra ci allertano dell'(ennesimo) aumento delle tasse programmato nella manovra finanziaria.
Una manovra cambiata più spesso dell'allenatore del Palermo ma che conserva il suo leit motiv nella certezza che si aumenteranno le tasse.
In quel momento qualcosa in noi si muove.
Capiamo che il cetriolo globale di tremonti-guzzantiana memoria ci colpirà ancora.
Capiamo tutto e finalmente ci incazziamo.
Un pugno sulla tavola imbandita.
Un telecomando lanciato (non troppo violentemente) sul divano.
Un vaffa a Silvio.
Ecco. La nostra rivoluzione è fatta.
Appena in tempo per il posticipo della domenica sera.
martedì 12 luglio 2011
Lottare sempre, mollare mai: sciopero Teleperformance Taranto del 29 giugno 2011
Lo scorso 30 giugno 2'11 le RSU di Taranto e Roma hanno raggiunto, dopo una estenuante trattativa, un accordo con la dirigenza del call center Teleperformance, per il ritiro dei 1460 licenziamenti annunciati e l'applicazione della cassa integrazione in deroga sino al 31 dicembre 2011. Un risultato importante che da una boccata d'ossigeno a molte famiglie ma che non deve dare l'illusione della definitiva risoluzione di un problema che dovrà essere affrontato ancora a lungo.
Intanto godiamoci la gioia ed il sollievo di una battaglia vinta.
Ma la guerra sarà ancora lunga.
Intanto godiamoci la gioia ed il sollievo di una battaglia vinta.
Ma la guerra sarà ancora lunga.
venerdì 6 maggio 2011
Il problema non è la veglia, ma il Concordato - da www.metilparaben.it
C'è poco da fare: la Chiesa Cattolica non ammette l'omosessualità.
Ragion per cui, il fatto che la curia di Palermo abbia vietato di celebrare una veglia di preghiera per le vittime dell'omofobia non mi sorprende neanche un po'.
Anzi, vi dirò di più: se la Chiesa fosse quello che dovrebbe essere, ovvero un'aggregazione privata -e quindi autofinanziata- di persone che vogliono seguire tra loro determinate liturgie, la reputerei liberissima di escludere dai loro ranghi non solo i gay, ma anche quelli coi baffi a manubrio, i fumatori di pipa, i ballerini di liscio e i guidatori di utilitarie.
Il problema vero non è che la curia si rifiuti di pregare per gli omosessuali, ma il fatto che essa, in quanto espressione della Chiesa Cattolica, sia titolare di un'indiscutibile rilevanza pubblica -con annessi cospicui finanziamenti di vario genere- che le piove addosso dritta dritta dal Concordato.
Il punto, dunque, mi pare questo: lasciamo pure che le associazioni private escludano chi vogliono loro, ma facciamo in modo che esse rimangano esclusivamente, per l'appunto, private.
Fatela lo stesso, la veglia per le vittime dell'omofobia, anche perché nessuno ha il monopolio della religione, e non credo che qualcuno possa essere definito meno credente solo perché pratica la propria fede al di fuori di questa o di quell'altra organizzazione: però, quando l'avrete fatta, vedete di tornarvene a casa senza dimenticare che il nocciolo della questione è l'abrogazione del Concordato.
Dopodiché, ognuno faccia pure i cazzi suoi.
giovedì 5 maggio 2011
domenica 1 maggio 2011
Chiarelettere - "Wojtyla segreto" - di Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti - tratto da Xaaraan - il blog di Antonella Beccaria
Qualche giorno fa si segnalava lo speciale di Micromega Karol Wojtyla – Il grande oscurantista, pubblicato in vista delle celebrazioni del 1 maggio per la beatificazione del papa polacco. Anche la casa editrice Chiarelettere ha fatto uscire nel frattempo un libro in argomento. Si tratta di Wojtyla segreto. La prima controinchiesta su Giovanni Paolo II (il cui booktrailer si può vedere sopra), scritto dal giornalista Ferruccio Pinotti e dal vaticanista della Stampa Giacomo Galeazzi:
Il pontefice polacco che la Santa sede sta per proclamare Beato assume una nuova luce attraverso il racconto [di] un viaggio tra Ior, Solidarnosc, scandali finanziari e crisi geopolitiche, da cui emerge un Wojtyla capace di muoversi come un antico monaco-guerriero in battaglia contro l’ateismo di Stato e al contempo come un modernissimo predicatore. Un fondamentale «asset» atlantico durante la guerra fredda. Per oltre trent’anni gli organi di polizia polacchi spiarono ogni movimento e discorso di Karol Wojtyla. Usando anche preti infiltrati per entrare nelle sue stanze. Ora i documenti su questa attività sono finalmente desecretati. Da queste carte inedite compilate dagli uomini del regime di Varsavia incaricati di sorvegliarlo, pedinarlo e controllarlo, emerge una nuova immagine di Giovanni Paolo II. Dal primo giorno di sacerdozio fino all’ascesa al pontificato. Nel piano strategico di Karol Wojtyla, di fronte al rischio dell’Est totalmente scristianizzato occorre mobilitare qualunque risorsa, convogliare tutti i canali di sostegno economico, anche i più imbarazzanti, verso le organizzazioni che oltre cortina si battono per la sopravvivenza dell’identità cattolica. C’è una sfida mortale in atto, Wojtyla lo sa e si dà da fare per vincerla. A ogni costo. L’importante non è da dove arrivano i soldi ma dove sono diretti. Il libro rivela sia tratti inediti del Wojtyla personaggio pubblico e vero uomo politico sia aspetti finora mai scritti e legati alla sua vita privata, prima in Polonia poi in Vaticano.La prefazione, scritta da monsignor Domenico Mogavero (vescovo di Mazara del Vallo e presidente Cei per l’immigrazione, oltre che postulatore per la causa di beatificazione di don Pino Puglisi), può essere letta qui.
sabato 30 aprile 2011
La follia della camorra – di Marcello Ravveduto - tratto da www.strozzatecitutti.it
di Marcello Ravveduto
La follia della camorra
La follia della camorra
Contro il silenzioso permeare della criminalità organizzata in quasi ogni aspetto della vita politica, economica e sociale del nostro paese si mobilita una fetta sempre più grande della società civile, armata oggi di una nuova consapevolezza: quella che la criminalità riesce a sfruttare anche il più piccolo spazio lasciato vuoto e incontrollato per trarre ogni possibile beneficio funzionale alla propria sopravvivenza e al mantenimento del proprio potere.
Un deciso ostacolo all’espandersi di questa macchia può, e deve essere fornito dall’individuazione di quei canali che ne rendono possibile l’avanzata, e tra questi gli innumerevoli spazi di contiguità e di interlocuzione creatisi, nel corso degli anni, tra criminalità e fasce professionali di vario genere
Sono questi i tanti puntini che, uniti, nel loro complesso hanno finito per creare una pericolosa area grigia di connivenza, nella quale oltre che la collaborazione consapevole, molto spesso anche la semplice disattenzione, l’ignoranza o l’inesperienza hanno finito col favorire l’attività delle mafie nel nostro paese.
La malattia mentale, e l’attività di chi ha a che fare professionalmente con questo problema, entra a vario titolo in gioco nella storia della criminalità. Lo racconta Corrado De Rosa* ne “I Medici della camorra” (Castelvecchi editore), ponendo l’attenzione su una particolare branca della medicina, la psichiatria, sfruttata da criminali di ogni genere per i benefici che può procurare a chi richieda una perizia: dallo sconto di pena alla incompatibilità col regime carcerario fino ad arrivare al riconoscimento di vere e proprie forme di invalidità, che addirittura consentono a pericolosi killer ed affiliati di ogni grado, di fruire di trattamenti pensionistici e vitalizi spesso negati, per ostacoli e difficoltà burocratiche, ai cittadini “normali”.
Il libro affronta proprio quella contiguità tra mafie e aree professionali descrivendo, attraverso biografie ed episodi, il metodo e l’utilizzo sistematico delle perizie da parte di affiliati e capi clan per ottenere benefici di giustizia. Esplicita, inoltre, come la malattia mentale venga utilizzata per alimentare la cosiddetta “macchina del fango” che, attraverso la delegittimazione, scredita e svilisce ogni passo compiuto in direzione contraria all’impetuosa marcia della criminalità.
Depressi, anoressici, paranoici sono coloro che vogliono uscire di prigione. Pazzi, visionari, tossicodipendenti e dunque inattendibili quelli che li accusano, i collaboratori di giustizia, e tutti coloro che cercano di combattere la mafia con l’arma della parola.
La malattia mentale, nelle mani della criminalità, diventa allo stesso tempo strumento di difesa e arma offensiva potentissima.
Non stupisce che a spingere uno psichiatra ad affrontare un tema tanto delicato sia, tra gli altri stimoli, proprio la scoperta di una grande contraddizione nell’applicazione pratica dei suoi studi: una branca medica che ha combattuto e combatte da anni lo stigma del malato di mente, quando è coinvolta nel campo delle perizie, dei tribunali, o meglio ancora quando entra in contatto con la criminalità mafiosa, si trova di fronte a un mondo il cui solo interesse è lottare per appropriarsi dell’etichetta di pazzo nel tentativo estremo, spesso vincente, di farla franca, relegando chi soffre realmente di disturbi psichici nel “cimitero” dei senza voce.
venerdì 29 aprile 2011
mercoledì 27 aprile 2011
25 aprile, il Pdl festeggia così - tratto da www.piovonorane.it
di Giulia Innocenzi
Hanno pensato di festeggiare così il 25 aprile i ragazzi di Vicenza della Giovane Italia, il movimento giovanile del Pdl, con tanta sobrietà: bandiera della Repubblica Sociale Italiana (la Repubblica di Salò, per intenderci), e saluto romano. E quello indicato con la freccia è Alessandro Benigno, il coordinatore provinciale della Giovane Italia, che sempre con la stessa sobrietà pochi giorni fa ha proposto di cambiare il nome del museo cittadino (leggi qui), dedicato al "Risorgimento e alla Resistenza", in "Concordia nazionale".
La grande battaglia viene così motivata:
Al di là dei giudizi storiografici, è evidente che il Risorgimento fu un periodo storico che unì gli italiani, mentre quello dal '43 al '45 fu un cruento periodo di divisione.
Dalla sua pagina Facebook invece, si può avere un bel quadro sulle sue passioni: Ricordo del valore: 23 ottobre - 3 novembre 1942 - El Alamein, Ettore Muti, A ricordo del genocidio italiano: 10 FEBBRAIO- Giornata del ricordo, Sergio Ramelli, Silvio Berlusconi, Filippo Tommaso Marinetti, Gabriele D'Annunzio, CasaPound Italia, Marcello de Angelis,militari in missione, Ignazio La Russa...e 44 in più
E così, per unire gli italiani, i giovani del Pdl hanno ben pensato di inneggiare al fascismo proprio nel giorno della Liberazione. La logica assomiglia in tutto e per tutto a quella della polemica sui manifesti milanesi delle BR nelle procure, e cioè al capovolgimento della storia e al suo racconto alla rovescia, in barba a qualunque manuale e all'importanza della condivisione di una storia comune.
Questa foto, però, pubblicata in esclusiva per L'Espresso, racconta anche qualcos'altro: che è pericoloso considerare le esternazioni quotidiane cui ormai ci hanno abituato i nostri politici come semplici boutade. Che dietro un Lassini che si prende la responsabilità dei manifesti contro i magistrati e un ragazzotto che sorridente sfoggia il saluto romano, c'è sempre qualcuno di più importante, che dà l'esempio e che premia comportamenti del genere. E sono proprio quelle esternazioni costanti che legittimano azioni di questo tipo, e che se prese sottogamba possono far crescere movimenti più grossi, che rischiano di diventare incontrollabili. E i più giovani, come in questo caso, rischiano di non avere più a disposizione le verità storiche su cui poi fondare i propri giudizi.
Ecco, sarebbe il caso finalmente di denunciare con forza episodi come questo, senza retorica ma con grande lucidità. Perché questi ragazzi non pensino che la loro scampagnata del 25 aprile sia stata solo una simpatica boutade
Quelli che vedete qui sotto non sono ragazzi di qualche gruppo neofascista, ma esponenti della Giovane Italia, l'organizzazione giovanile del Popolo della Libertà. E quello a sinistra è Alessandro Benigno, coordinatore provinciale di Vicenza
(26 aprile 2011)La grande battaglia viene così motivata:
Al di là dei giudizi storiografici, è evidente che il Risorgimento fu un periodo storico che unì gli italiani, mentre quello dal '43 al '45 fu un cruento periodo di divisione.
Dalla sua pagina Facebook invece, si può avere un bel quadro sulle sue passioni: Ricordo del valore: 23 ottobre - 3 novembre 1942 - El Alamein, Ettore Muti, A ricordo del genocidio italiano: 10 FEBBRAIO- Giornata del ricordo, Sergio Ramelli, Silvio Berlusconi, Filippo Tommaso Marinetti, Gabriele D'Annunzio, CasaPound Italia, Marcello de Angelis,militari in missione, Ignazio La Russa...e 44 in più
E così, per unire gli italiani, i giovani del Pdl hanno ben pensato di inneggiare al fascismo proprio nel giorno della Liberazione. La logica assomiglia in tutto e per tutto a quella della polemica sui manifesti milanesi delle BR nelle procure, e cioè al capovolgimento della storia e al suo racconto alla rovescia, in barba a qualunque manuale e all'importanza della condivisione di una storia comune.
Questa foto, però, pubblicata in esclusiva per L'Espresso, racconta anche qualcos'altro: che è pericoloso considerare le esternazioni quotidiane cui ormai ci hanno abituato i nostri politici come semplici boutade. Che dietro un Lassini che si prende la responsabilità dei manifesti contro i magistrati e un ragazzotto che sorridente sfoggia il saluto romano, c'è sempre qualcuno di più importante, che dà l'esempio e che premia comportamenti del genere. E sono proprio quelle esternazioni costanti che legittimano azioni di questo tipo, e che se prese sottogamba possono far crescere movimenti più grossi, che rischiano di diventare incontrollabili. E i più giovani, come in questo caso, rischiano di non avere più a disposizione le verità storiche su cui poi fondare i propri giudizi.
Ecco, sarebbe il caso finalmente di denunciare con forza episodi come questo, senza retorica ma con grande lucidità. Perché questi ragazzi non pensino che la loro scampagnata del 25 aprile sia stata solo una simpatica boutade
sabato 23 aprile 2011
Rai, per Genchi niente diritto di replica? - tratto da www.ilfattoquotidiano.it - il blog di Beppe Giulietti
Genchi, chi era costui? Bene ha fatto Marco Travaglio a sollevare la questione del silenzio, quasi tombale, che ha circondato la notizia del prosciglimento “perchè il fatto non sussiste” di Gioacchino Genchi, l’uomo che era stato indicato alla pubblica opinione come il nuovo mostro, una sorta di Girolimoni delle intercettazioni, un violentatore della privacy, un mostro che aveva messo sotto controllo 10 milioni di cittadini.
L’incredibile cifra fu sparata, a reti seminunificate, dal solito Berlusconi che pur di proteggere sè stesso non ha mai esitato e mai esiterà a farsi scudo dei connazionali, trasformati in bersagli a sua difesa. In quell’occasione il satrapo di Arcore si presentò in Tv e annunciò che stava per essere rivelato “il più grande scandalo della Repubblica“, che una banda composta da toghe rosse e da spioni infedeli aveva messo in pericolo le sorti della Repubblica. Le sue allarmate parole furono condivise da un coro trasversale che denunciò il pericolo golpista, non quello rappresentato da Berlusconi ovviamente, ma dal signor Genchi che per altro non conocevamo allora e non conosciamo oggi.
Ebbene, il clamoroso complotto è stato liquidato con un’alzata dispalle dai giudici di Roma, quelli che pure erano stati lodati quando avevano aperto il procedimento. Che fine ha fatto il clamoroso complotto? Dissolto, ridotto in polvere, non resterà traccia neppure negli archivi della procura di Roma. Eppure quegli stessi Tg che diedero la notizia con grande rilievo, talvolta in apertura, con tanto di dichiarazioni sdegnate, hanno quasi cancellato il proscioglimento, non hanno ritenuto di fare un titolo, non hanno dato la parola a Genchi, non hanno ridato memoria delle bufale berlusconiane assunte come verità. Qui non si tratta più di garantire la par condicio tra le forze politiche, ma più semplicemente di rispettare i più elementari principi deontologici, di dare le notizie, anche quelle che non piacciono al padrone.
Per queste ragioni, ci permettiamo di chiedere alle associazioni professionali e sindacali dei giornalisti di sollecitare solo e soltanto che una verità calpestata ed una dignità ferita, quella di Genchi, siano ripristinate. E la stessa cosa chiediamo alle autorità di garanzia, alla commissione di vigilanza, al presidente Garimberti: in questa Rai il diritto di replica spetta solo a Berlusconi e alla sua corte, o è ancora previsto anche per gli altri cittadini? In queste settimane a Berlusconi è stato consentito di insultare a videocassette unificate i suoi giudici e la magistratura in generale, si vorrà ora consentire ad un cittadino imputato, dunque nella situazione di Berlusconi, ma che è stato prosciolto di proclamare la sua verità e la sua innocenza? Tanto più che al cittadino Genchi non è venuto neppure in mente di farsi una prescrizione su misura.
L’incredibile cifra fu sparata, a reti seminunificate, dal solito Berlusconi che pur di proteggere sè stesso non ha mai esitato e mai esiterà a farsi scudo dei connazionali, trasformati in bersagli a sua difesa. In quell’occasione il satrapo di Arcore si presentò in Tv e annunciò che stava per essere rivelato “il più grande scandalo della Repubblica“, che una banda composta da toghe rosse e da spioni infedeli aveva messo in pericolo le sorti della Repubblica. Le sue allarmate parole furono condivise da un coro trasversale che denunciò il pericolo golpista, non quello rappresentato da Berlusconi ovviamente, ma dal signor Genchi che per altro non conocevamo allora e non conosciamo oggi.
Ebbene, il clamoroso complotto è stato liquidato con un’alzata dispalle dai giudici di Roma, quelli che pure erano stati lodati quando avevano aperto il procedimento. Che fine ha fatto il clamoroso complotto? Dissolto, ridotto in polvere, non resterà traccia neppure negli archivi della procura di Roma. Eppure quegli stessi Tg che diedero la notizia con grande rilievo, talvolta in apertura, con tanto di dichiarazioni sdegnate, hanno quasi cancellato il proscioglimento, non hanno ritenuto di fare un titolo, non hanno dato la parola a Genchi, non hanno ridato memoria delle bufale berlusconiane assunte come verità. Qui non si tratta più di garantire la par condicio tra le forze politiche, ma più semplicemente di rispettare i più elementari principi deontologici, di dare le notizie, anche quelle che non piacciono al padrone.
Per queste ragioni, ci permettiamo di chiedere alle associazioni professionali e sindacali dei giornalisti di sollecitare solo e soltanto che una verità calpestata ed una dignità ferita, quella di Genchi, siano ripristinate. E la stessa cosa chiediamo alle autorità di garanzia, alla commissione di vigilanza, al presidente Garimberti: in questa Rai il diritto di replica spetta solo a Berlusconi e alla sua corte, o è ancora previsto anche per gli altri cittadini? In queste settimane a Berlusconi è stato consentito di insultare a videocassette unificate i suoi giudici e la magistratura in generale, si vorrà ora consentire ad un cittadino imputato, dunque nella situazione di Berlusconi, ma che è stato prosciolto di proclamare la sua verità e la sua innocenza? Tanto più che al cittadino Genchi non è venuto neppure in mente di farsi una prescrizione su misura.
Tratto da www.manteblog.it
22
apr
La Santa Pasqua vede l’Italia impegnata nell’assistenza alle migliaia di persone in fuga dai Paesi del nord Africa. In ossequio al rispetto della dignità e del valore della persona umana sancito – come ha affermato il Santo Padre – dai Popoli della terra nella Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, si sta adoperando al meglio per rispondere con generosità a tanta sofferenza.
(dal messaggio di auguri pasquali del Governo a papa Benedetto XVI)
Non siamo soli
Riporto un commento ad un mio articolo (Vengo dopo il Pd) sul Partito Democratico e sulle responsabilità di questa opposizione alla attuale condizione di dissesto del Paese che ho pubblicato sul blog qualche giorno fa e che è stato ripreso da www.agoravox.it .
Ne approfitto anche per ringraziare Paolo, l'autore del commento, per le belle parole e per la lucidità della sua analisi.
Caro Francesco , condivido in toto il tuo articolo . Aggiungo che le responsabilità politiche della dirigenza del PD sono tali che neppure le prove tecniche di fascismo che ci sta regalando il nostro premier "barzellettiere" , mi indurranno a rivotarlo . Questo paese non è anormale solo perchè esiste Berlusconi , ma anche perchè una dirigenza di "opposizione " ,collusa e fallimentare ,è tutta ancora li’ abbrancata alla sedia come la colla americana .
Quando sento parlare i Veltroni ,D’Alema ,Fassino ,Finocchiaro ,La Torre e compagnia bella , mi viene il voltastomaco a pensare come questi " mandarini " hanno consegnato il paese , senza colpo ferire , nelle mani di questo pazzo megalomane affetto da erotomania tardiva .Bersani è l’ultimo estratto da quel carniere e vederlo incitare ad "arrotolarsi le maniche " mi procura un forte prurito alle mani . Questi sciagurati , invece di coagulare un patrimonio di consensi rappresentato da tutti coloro che hanno una visione laica e progressista ,non compulsivamente dollarocratica , diciamo pure di sinistra , hanno cercato le strade traverse di un consenso moderato tipico della Democrazia Cristiana di antica memoria . Sono pure arrivati a nefandezze del tipo Mastella ministro di Grazia e Giustizia . L’imbarcata dei Prodiani ha sfaldato quel minimo di anima di sinistra che dopo la separazione (opportuna) dai marxisti leninisti alla Bertinotti ,Diliberto ,Turigliatto ecc , era rimasta nel partito ,trasformandolo in una entità ibrida , senza capo ne coda al punto che se anche Berlusconi scomparisse (per grazia ricevuta) nessuno sarebbe in grado di tracciare una linea chiara da seguire .Mi sto dilungando ,ancora complimenti per l’articolo ,ogni tanto capita di leggere cose sensate.
ciao
Vengo dopo il Pd
A chi non sia totalmente accecato da una incrollabile fede politica filo governativa appare evidente che la figura di Berlusconi rappresenti una gigantesca anomalia istituzionale nella sua posizione (unica rispetto qualsiasi Paese civilmente avanzato) di proprietario pubblico e privato dell'Italia.
Sviscerare ulteriormente i capitoli della sua vita (pubblica e privata) che indurrebbero (quasi) chiunque a reputarlo impresentabile nella assunzione di un ruolo istituzionale sarebbe noioso.
Di lui (con le presumibili difficoltà) si sa ciò che si deve sapere.
Il potere giudiziario fatica da decenni a realizzare il proprio percorso di indagine e ricerca della verità sulle questioni giudiziarie di Silvio Berlusconi perché il potere economico di quest'ultimo è semplcemente gigantesco, quindi capace di comprare tutto e tutti.
Ne è un esempio la vicenda del Lodo Mondadori nell'ambito della quale fu accertata la corruzione del giudice Metta per avere una sentenza che stabilisse l'invalidità del precedente Lodo e legittimasse l'acquisto del più grande gruppo editoriale italiano da parte del Biscione che ad oggi, dopo 20 anni di guerra legale, è sempre del gruppo di Segrate.
Tornando alla poltica, molti segnali ci dicono che siamo agli ultimi spasmi di questo medioevo della democrazia.
Probabilmente quando ci lasceremo alle spalle questo periodo constateremo con amarezza che l'impero "birbonico" (definizione di lutazziana memoria) non finisce perché ci sia stato qualcuno in grado di combatterlo, sconfiggerlo e sostituirlo. L'impero birbonico finisce per autodistruzione.
L'epopea berlusconiana piano piano si è esaurita autonomamente, cannibalizzando se stessa di quelle esigue componenti centriste che almeno inizialmente frenavano, ogni tanto, le frenesie iperliberiste (e iper personali) del Capo.
L'era di Re Silvio da Arcore era cominciata nel '94 con un partito marketing come Forza Italia inventata da Marcelo Dell'Utri e che faceva da collante di coalizione tra una componente moderata (Casini e Buttiglione) ed una di destra (abbastanza estrema) formata da ex fascisti (la svolta AN del Movimento Sociale al congresso di Fiuggi si ebbe proprio in quell'anno) e leghisti celoduristi di Bossi.
Nel tempo la lenta ma inesorabile repulisti.
Prima fuori Casini e l'insopportabile segretario Udc Follini (oggi nel Pd). Poi subito dopo la nascita del Pdl sul predellino è stato fatto fuori anche Fini. Oggi il Governo è retto sull'asse Pdl - Lega con l'aggiunta del Movimento di Responsabilità Nazionale, curioso partito creatosi spontaneamente e senza nulla a pretendere per senso di responsabilità quando il forfait di Fini e Futuro e Libertà sembrava aver scavato la fossa all'esecutivo.
Attaccati alla responsabilità dei Responsabili, tutti gli osservatori politici parlano di ultimi colpi di coda di Berlusconi. Ma proprio qui il paradosso della questione. Il Governo finisce perché muore da solo. Perché se fosse dipeso da un'azione costante della attuale opposizione ci sarebbe davvero poco da dire, il silenzio da quelle parti induce spesso a chiedersi cosa si dica fuori dal giro del centrdestra.
Se in una ventilata e imminente prospettiva elettorale non potrebbe darsi che per certa la ricandidatura (quanto meno inizialmente proposta) del Cavaliere (ma occhio al Tremonti molto amato dalla Lega) cosa si prospetta dall'altra parte della barricata ? Quale l'alternativa ? Chi dovrebbe rappresentarla? Mistero.
Di questi giorni la (ennesima) mezza dichiarazione di una possibile scesa in campo di Montezemolo.
Delle primarie e di Vendola non si parla più.
Per il resto tutto tace. Eppure dal Pd si dicono pronti al voto. Già. Il Pd. Il più grande partito della opposizione. Un punto interrogativo che parte dalla sua fondazione e si trascina sino ai giorni nostri. Un partito che nei momenti decisivi (si pensi al voto parlamentare contro lo scudo fiscale) sparisce dilaniato dalle correnti interne.
Sbeffeggiato dalla satira come partito eternamente perdente.
Un partito che i file di Wikileaks hanno targato come debole ed ininfluente. Che fa della propria politica di opposizione equilibrata e pacata a oltranza (sopratutto nei momenti in cui si richiederebbe polso e passione) una bandiera invece che un punto debole. Un'opposizione così costantemente blanda da fare ben capire come non si tratta di una eventualità legata alla temporanea guida di un segretario timoroso e prudentissimo. Un Bersani vale quanto un Veltroni o un Franceschini. Ma sarebbe un errore pensare alla sfortuna o al destino avverso.
Il Pd vuole proprio essere questo. Perché ha capito (da anni) che è legato alle sorti di una dirigenza che esiste perchè esiste Berlusconi. Che con Berlusconi ha inciuciato paurosamente, dalla Bicamerale al discorso di Violante in cui l'allora capogruppo DS nella foga oratoria del suo intervento alla Camera ammetteva placidamente l'esistenza di un accordo mirato al fine di non toccare conflitto di interessi e televisioni. Sino alle più recenti avance alla Lega per portare a casa il federalismo. Viviamo così tranquilli e guardiamo al futuro nel segno dell'insegnamento dell'italico "Gattopardo": cambiare tutto per non cambiare nulla.
Così avremo la consolante certezza che il rantolio politico di Berlusconi vivrà ancora e si prolungherà sino al suo ultimissimo sospiro utile grazie alle amorevoli cure di questo grande Partito Democratico
Sviscerare ulteriormente i capitoli della sua vita (pubblica e privata) che indurrebbero (quasi) chiunque a reputarlo impresentabile nella assunzione di un ruolo istituzionale sarebbe noioso.
Di lui (con le presumibili difficoltà) si sa ciò che si deve sapere.
Il potere giudiziario fatica da decenni a realizzare il proprio percorso di indagine e ricerca della verità sulle questioni giudiziarie di Silvio Berlusconi perché il potere economico di quest'ultimo è semplcemente gigantesco, quindi capace di comprare tutto e tutti.
Ne è un esempio la vicenda del Lodo Mondadori nell'ambito della quale fu accertata la corruzione del giudice Metta per avere una sentenza che stabilisse l'invalidità del precedente Lodo e legittimasse l'acquisto del più grande gruppo editoriale italiano da parte del Biscione che ad oggi, dopo 20 anni di guerra legale, è sempre del gruppo di Segrate.
Tornando alla poltica, molti segnali ci dicono che siamo agli ultimi spasmi di questo medioevo della democrazia.
Probabilmente quando ci lasceremo alle spalle questo periodo constateremo con amarezza che l'impero "birbonico" (definizione di lutazziana memoria) non finisce perché ci sia stato qualcuno in grado di combatterlo, sconfiggerlo e sostituirlo. L'impero birbonico finisce per autodistruzione.
L'epopea berlusconiana piano piano si è esaurita autonomamente, cannibalizzando se stessa di quelle esigue componenti centriste che almeno inizialmente frenavano, ogni tanto, le frenesie iperliberiste (e iper personali) del Capo.
L'era di Re Silvio da Arcore era cominciata nel '94 con un partito marketing come Forza Italia inventata da Marcelo Dell'Utri e che faceva da collante di coalizione tra una componente moderata (Casini e Buttiglione) ed una di destra (abbastanza estrema) formata da ex fascisti (la svolta AN del Movimento Sociale al congresso di Fiuggi si ebbe proprio in quell'anno) e leghisti celoduristi di Bossi.
Nel tempo la lenta ma inesorabile repulisti.
Prima fuori Casini e l'insopportabile segretario Udc Follini (oggi nel Pd). Poi subito dopo la nascita del Pdl sul predellino è stato fatto fuori anche Fini. Oggi il Governo è retto sull'asse Pdl - Lega con l'aggiunta del Movimento di Responsabilità Nazionale, curioso partito creatosi spontaneamente e senza nulla a pretendere per senso di responsabilità quando il forfait di Fini e Futuro e Libertà sembrava aver scavato la fossa all'esecutivo.
Attaccati alla responsabilità dei Responsabili, tutti gli osservatori politici parlano di ultimi colpi di coda di Berlusconi. Ma proprio qui il paradosso della questione. Il Governo finisce perché muore da solo. Perché se fosse dipeso da un'azione costante della attuale opposizione ci sarebbe davvero poco da dire, il silenzio da quelle parti induce spesso a chiedersi cosa si dica fuori dal giro del centrdestra.
Se in una ventilata e imminente prospettiva elettorale non potrebbe darsi che per certa la ricandidatura (quanto meno inizialmente proposta) del Cavaliere (ma occhio al Tremonti molto amato dalla Lega) cosa si prospetta dall'altra parte della barricata ? Quale l'alternativa ? Chi dovrebbe rappresentarla? Mistero.
Di questi giorni la (ennesima) mezza dichiarazione di una possibile scesa in campo di Montezemolo.
Delle primarie e di Vendola non si parla più.
Per il resto tutto tace. Eppure dal Pd si dicono pronti al voto. Già. Il Pd. Il più grande partito della opposizione. Un punto interrogativo che parte dalla sua fondazione e si trascina sino ai giorni nostri. Un partito che nei momenti decisivi (si pensi al voto parlamentare contro lo scudo fiscale) sparisce dilaniato dalle correnti interne.
Sbeffeggiato dalla satira come partito eternamente perdente.
Un partito che i file di Wikileaks hanno targato come debole ed ininfluente. Che fa della propria politica di opposizione equilibrata e pacata a oltranza (sopratutto nei momenti in cui si richiederebbe polso e passione) una bandiera invece che un punto debole. Un'opposizione così costantemente blanda da fare ben capire come non si tratta di una eventualità legata alla temporanea guida di un segretario timoroso e prudentissimo. Un Bersani vale quanto un Veltroni o un Franceschini. Ma sarebbe un errore pensare alla sfortuna o al destino avverso.
Il Pd vuole proprio essere questo. Perché ha capito (da anni) che è legato alle sorti di una dirigenza che esiste perchè esiste Berlusconi. Che con Berlusconi ha inciuciato paurosamente, dalla Bicamerale al discorso di Violante in cui l'allora capogruppo DS nella foga oratoria del suo intervento alla Camera ammetteva placidamente l'esistenza di un accordo mirato al fine di non toccare conflitto di interessi e televisioni. Sino alle più recenti avance alla Lega per portare a casa il federalismo. Viviamo così tranquilli e guardiamo al futuro nel segno dell'insegnamento dell'italico "Gattopardo": cambiare tutto per non cambiare nulla.
Così avremo la consolante certezza che il rantolio politico di Berlusconi vivrà ancora e si prolungherà sino al suo ultimissimo sospiro utile grazie alle amorevoli cure di questo grande Partito Democratico
giovedì 21 aprile 2011
Ma Grillo no.
Il presidente degli Stati Uniti d'America, Barack Obama, ha rilanciato la propria candidatura alla rielezione alla Casa Bianca attraverso Facebook.
Alcuni giorni fa Obama accompaganto dal fondatore del social network più diffuso del mondo, Mark Zuckberg, ha risposto alle domande di elettori e curiosi direttamente dalla sede californiana di Facebook a Palo Alto.
Un evento trasmesso via web da Facebook e seguito da milioni di blogger ed internauti.
Sembrerebbe anche la solita americanata se non fosse per il fatto che è stato proprio grazie alla Rete che Obama è riuscito a realizzare il sogno americano di diventare il primo presidente di colore made in U.S.A.
Già. La Rete. Internet.
La più grande rivoluzione tecnolgica degli ultimi anni capace di avvicinare e mettere in comunicazione tra loro gli antipodi del mondo.
Una invenzione che ha sconvolto un epoca che passa alla storia come l'era della comunicazione, dell'e-commerce, dei social network.
Barack Obama è anche lui un prodotto della rete.
La sua prima (vittoriosa) campagna elettrorale l'ha realizzata grazie al fondamentale apporto di Internet, condividendo i punti del suo programma con gli elettori, ascoltando i commenti, comunicando attraverso le webcam.
Così facendo ha parlato ad un pubblico giovane ed istruito attraverso un canale che arriva a tutti in maniera molto diffusa.
Puntando sulla innovazione, sulla condivisione dei suoi progetti politici e sulla voglia di cambiamento invalsa nell'elettorato americano dopo gli anni non luminosissimi di George W. Bush ha clamorosamente vinto.
E in Italia ?
Siamo in leggera controtendenza.
Un popolo che si abbevera di televisione (gestita da chi non c'è nemmeno bisogno di dirlo) conosce poco la Rete.
La nostra classe politica è vecchia e pratica poco internet e blog.
Se non attraverso propri uomini staff e da ufficio stampa che, sempre prodighi e solerti, si impegnano a curare stantii profili facebook, aggiornati a forza di comunicati stampa dai consueti toni più o meno propagandistici.
L'unico politico che utilizza Internet con convinzione e passione ammirevole è quello che la stampa generalista ha ribattezzato come l'antipolitico per eccellenza: Beppe Grillo.
Grillo ha un blog che è il primo sito di informazione italiano dopo quello di Repubblica e del Corriere della Sera ed è tra i primi 10 blog al mondo per numero di visitatori.
Attivo dal 2005 ha lanciato due V-Day, con migliaia di persone in piazza a seguirlo, ha organizzato la Woodstock a 5 stelle a Cesena dove per due giorni di seguito e con una presenza di pubblico oceanica ha parlato di informazione, energia pulita, finanza ed ecologia alternando interventi musicali a premi nobel, scienziati ed attivisti impegnati in ogni ramo del sociale.
Ha raccolto migliaia di firme per cacciare i politici condannati in via definitiva dal Parlamento, ha promosso svariate iniziative politiche a favore dell'acqua pubblica, di internet libero, della raccolta differenziata dei rifiuti. Anzi di una fattibile società a rifiuti zero.
Ebbene questo "antipolitico" ha un riscontro popolare praticamente unico in tutto il panorama nazionale.
E' vero. Non è un politico come forse lo possiamo intendere tramite i dettami soggettivi che ognuno di noi può avere pensando alla figura del politico.
E' un comico. Fondamentalemente si.
Ma etichettare il Grillo di oggi semplicemente come un comico sarebbe a dir poco riduttivo.
Grillo non ha appartenenze politiche. E' un cane sciolto. E' un uomo che usa il cervello. Può anche sbagliare, come tutti, ma lo fa fuori dalle paludi del politichese e delle logiche di potere da segreteria di partito.
Ha fondato un movimento (il moVimento a 5 stelle) che è un non - partito, non ha tessere, non ha statuti, si confronta in rete e alle ultime elezioni, senza finanziamenti pubblici ha portato a casa 500.000 voti nelle 5 regioni in cui si è presentato, rinunciando ad un milione e trecentomila euro di "rimborsi" elettorali.
Grillo usa Internet meglio di tutti in Italia.
Censurato da anni dalla televisione come comico anti-sistema, Grillo, come Obama, ha cavalcato le potenzailità di Internet e della Rete perfettamente, ridicolizzando la censura mediatica del piccolo schermo ed attraverso il suo carisma ha trovato nella Rete un efficace detonatore della propria dimensione comunicativa.
Ci sono stati i primi attivisti del MoVimento 5 Stelle eletti in qualche consiglio regionale e comunale. Ma Grillo in prima persona non si candiderà mai.
Ha ancora diversi processi in corso ed il senso stesso delle sue battaglie andrebbe in fumo se mettesse la propria candidatura ad un ruolo politico di primo piano.
Ad ogni modo fa riflettere come in qualsiasi altro Paese un fenomeno mediatico (e di contenuti) del genere avrebbe riflessi in Parlamento.
Come è accaduto per gli States con Barack Obama.
In Italia no.
O quanto meno non ancora.
Obama è un politico tradizionale, educato e di gradevole aspetto.
Grillo è un eversivo della politica, parla un linguaggio da comico che non disdegna la volgarità ed è contro il sistema, mandando affanculo chiunque e quando vuole farlo.
Ma ha idee e programmi innovativi, che se entrassero nelle camere di bottoni una volta tanto realizzerebbero qualche bisogno del comune cittadino elettore e a discapito di un sistema politico e di potere che ormai vive di vita propria.
E che del cittadino ha bisogno solo in occasione delle consultazioni elettorali.
Il problema è che tra Grillo e la camera dei bottoni c'è una selva di affarismi da oltrepassare.
E d'altra parte il paragone Obama - Grillo decisamente non regge.
Non fosse altro che diversamente da noi, negli USA la parola democrazia significa ancora qualcosa.
Alcuni giorni fa Obama accompaganto dal fondatore del social network più diffuso del mondo, Mark Zuckberg, ha risposto alle domande di elettori e curiosi direttamente dalla sede californiana di Facebook a Palo Alto.
Un evento trasmesso via web da Facebook e seguito da milioni di blogger ed internauti.
Sembrerebbe anche la solita americanata se non fosse per il fatto che è stato proprio grazie alla Rete che Obama è riuscito a realizzare il sogno americano di diventare il primo presidente di colore made in U.S.A.
Già. La Rete. Internet.
La più grande rivoluzione tecnolgica degli ultimi anni capace di avvicinare e mettere in comunicazione tra loro gli antipodi del mondo.
Una invenzione che ha sconvolto un epoca che passa alla storia come l'era della comunicazione, dell'e-commerce, dei social network.
Barack Obama è anche lui un prodotto della rete.
La sua prima (vittoriosa) campagna elettrorale l'ha realizzata grazie al fondamentale apporto di Internet, condividendo i punti del suo programma con gli elettori, ascoltando i commenti, comunicando attraverso le webcam.
Così facendo ha parlato ad un pubblico giovane ed istruito attraverso un canale che arriva a tutti in maniera molto diffusa.
Puntando sulla innovazione, sulla condivisione dei suoi progetti politici e sulla voglia di cambiamento invalsa nell'elettorato americano dopo gli anni non luminosissimi di George W. Bush ha clamorosamente vinto.
E in Italia ?
Siamo in leggera controtendenza.
Un popolo che si abbevera di televisione (gestita da chi non c'è nemmeno bisogno di dirlo) conosce poco la Rete.
La nostra classe politica è vecchia e pratica poco internet e blog.
Se non attraverso propri uomini staff e da ufficio stampa che, sempre prodighi e solerti, si impegnano a curare stantii profili facebook, aggiornati a forza di comunicati stampa dai consueti toni più o meno propagandistici.
L'unico politico che utilizza Internet con convinzione e passione ammirevole è quello che la stampa generalista ha ribattezzato come l'antipolitico per eccellenza: Beppe Grillo.
Grillo ha un blog che è il primo sito di informazione italiano dopo quello di Repubblica e del Corriere della Sera ed è tra i primi 10 blog al mondo per numero di visitatori.
Attivo dal 2005 ha lanciato due V-Day, con migliaia di persone in piazza a seguirlo, ha organizzato la Woodstock a 5 stelle a Cesena dove per due giorni di seguito e con una presenza di pubblico oceanica ha parlato di informazione, energia pulita, finanza ed ecologia alternando interventi musicali a premi nobel, scienziati ed attivisti impegnati in ogni ramo del sociale.
Ha raccolto migliaia di firme per cacciare i politici condannati in via definitiva dal Parlamento, ha promosso svariate iniziative politiche a favore dell'acqua pubblica, di internet libero, della raccolta differenziata dei rifiuti. Anzi di una fattibile società a rifiuti zero.
Ebbene questo "antipolitico" ha un riscontro popolare praticamente unico in tutto il panorama nazionale.
E' vero. Non è un politico come forse lo possiamo intendere tramite i dettami soggettivi che ognuno di noi può avere pensando alla figura del politico.
E' un comico. Fondamentalemente si.
Ma etichettare il Grillo di oggi semplicemente come un comico sarebbe a dir poco riduttivo.
Grillo non ha appartenenze politiche. E' un cane sciolto. E' un uomo che usa il cervello. Può anche sbagliare, come tutti, ma lo fa fuori dalle paludi del politichese e delle logiche di potere da segreteria di partito.
Ha fondato un movimento (il moVimento a 5 stelle) che è un non - partito, non ha tessere, non ha statuti, si confronta in rete e alle ultime elezioni, senza finanziamenti pubblici ha portato a casa 500.000 voti nelle 5 regioni in cui si è presentato, rinunciando ad un milione e trecentomila euro di "rimborsi" elettorali.
Grillo usa Internet meglio di tutti in Italia.
Censurato da anni dalla televisione come comico anti-sistema, Grillo, come Obama, ha cavalcato le potenzailità di Internet e della Rete perfettamente, ridicolizzando la censura mediatica del piccolo schermo ed attraverso il suo carisma ha trovato nella Rete un efficace detonatore della propria dimensione comunicativa.
Ci sono stati i primi attivisti del MoVimento 5 Stelle eletti in qualche consiglio regionale e comunale. Ma Grillo in prima persona non si candiderà mai.
Ha ancora diversi processi in corso ed il senso stesso delle sue battaglie andrebbe in fumo se mettesse la propria candidatura ad un ruolo politico di primo piano.
Ad ogni modo fa riflettere come in qualsiasi altro Paese un fenomeno mediatico (e di contenuti) del genere avrebbe riflessi in Parlamento.
Come è accaduto per gli States con Barack Obama.
In Italia no.
O quanto meno non ancora.
Obama è un politico tradizionale, educato e di gradevole aspetto.
Grillo è un eversivo della politica, parla un linguaggio da comico che non disdegna la volgarità ed è contro il sistema, mandando affanculo chiunque e quando vuole farlo.
Ma ha idee e programmi innovativi, che se entrassero nelle camere di bottoni una volta tanto realizzerebbero qualche bisogno del comune cittadino elettore e a discapito di un sistema politico e di potere che ormai vive di vita propria.
E che del cittadino ha bisogno solo in occasione delle consultazioni elettorali.
Il problema è che tra Grillo e la camera dei bottoni c'è una selva di affarismi da oltrepassare.
E d'altra parte il paragone Obama - Grillo decisamente non regge.
Non fosse altro che diversamente da noi, negli USA la parola democrazia significa ancora qualcosa.
mercoledì 20 aprile 2011
Tratto da www.metilparaben.it
Costruire un tabù con l'accidia
Il "Rapporto Italia 2011" dell'Eurispes parla chiarissimo: il 67,4% del campione intervistato (vale a dire, se la statistica non è un'opinione, due italiani su tre) si è dichiarato favorevole ad una legge che legalizzi -cioè disciplini e regolamenti- l'eutanasia.
Lo scandalo, in un paese nel quale tutti si riempiono la bocca con la parola "popolo" ogni volta che possono, non è tanto il fatto che quella legge non sia stata ancora approvata, quanto la circostanza che di eutanasia non si possa neppure discutere: la classe politica di questo paese, con ogni evidenza, si ostina a considerare tabù un argomento sul quale la stragrande maggioranza degli italiani sarebbe d'accordo; il che la dice lunga, ammesso che ce ne fosse ancora bisogno, sulla distanza siderale che separa i cittadini dai politici che dovrebbero rappresentarli in parlamento.
Non credo sia soltanto una questione di sudditanza nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche: più in generale, comincio a convincermi che il vero problema sia l'immobilismo cronico della nostra classe politica, la sua consolidata avversione al cambiamento, l'incapacità di occuparsi delle cose interpretando con un minimo di senso della realtà lo spirito del tempo in cui vivono.
Insipienza, accidia, ipocrisia: la chiave per costruire un tabù, per consolidarlo nel tempo e per farne un totem è tutta in queste tre parole.
E chissenefrega se gli italiani non condividono.
Lo scandalo, in un paese nel quale tutti si riempiono la bocca con la parola "popolo" ogni volta che possono, non è tanto il fatto che quella legge non sia stata ancora approvata, quanto la circostanza che di eutanasia non si possa neppure discutere: la classe politica di questo paese, con ogni evidenza, si ostina a considerare tabù un argomento sul quale la stragrande maggioranza degli italiani sarebbe d'accordo; il che la dice lunga, ammesso che ce ne fosse ancora bisogno, sulla distanza siderale che separa i cittadini dai politici che dovrebbero rappresentarli in parlamento.
Non credo sia soltanto una questione di sudditanza nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche: più in generale, comincio a convincermi che il vero problema sia l'immobilismo cronico della nostra classe politica, la sua consolidata avversione al cambiamento, l'incapacità di occuparsi delle cose interpretando con un minimo di senso della realtà lo spirito del tempo in cui vivono.
Insipienza, accidia, ipocrisia: la chiave per costruire un tabù, per consolidarlo nel tempo e per farne un totem è tutta in queste tre parole.
E chissenefrega se gli italiani non condividono.
martedì 19 aprile 2011
Tratto da strozzatecitutti.it
Il camorrista e il campione – Maradona affairs
di Luigi Sabino
Il camorrista e il campione – Maradona affairs
Parla l’ex capo della camorra Salvatore Lo Russo. Nei suoi verbali la vicenda dell’ex Pibe de oro che frequentava la sua abitazione. “Lui – dice il collaboratore di giustizia – sapeva perfettamente cosa facessi“.
“Diventai molto amico di Maradona che frequentava spesso casa mia ma solo perché diceva di trovarsi bene in mia compagnia e solo in un paio di occasioni mi ha chiesto se potessi procurargli della cocaina per uso personale”. A raccontare del suo rapporto con il campione argentino questa volta è Salvatore Lo Russo, capo dell’omonimo clan di Miano che da qualche mese è andato a ingrossare le fila dei collaboratori di giustizia. Tra le numerose dichiarazioni che l’ormai ex boss della camorra ha affidato ai verbali degli inquirenti, quelle sul suo legame con “El Pibe de Oro”, ancora oggi idolo di milioni di tifosi sia a Napoli sia in Argentina, sono forse quelle colpiscono di più.
Il loro contenuto non particolarmente rilevante ai fini investigativi riesce con crudezza a mettere in luce la fragilità e la sprovvedutezza dell’uomo Maradona. Che il campione argentino durante la sua esperienza napoletana fosse entrato in contatto con la camorra è cosa nota da qualche tempo. La sua foto in compagnia dei fratelli Giuliano di Forcella e della loro vasca a forma di conchiglia ha fatto il giro del mondo. Un errore commesso in buona fede si disse allora e che qualcuno giustificò affermando che in fin dei conti Maradona non poteva certo conoscere tutti i suoi tifosi. Ora però le parole di Lo Russo rischiano di gettare nuove ombre sulla vita di quello che per molti è stato il più grande calciatore di tutti i tempi. Per il collaboratore, infatti, l’asso di Lanus sapeva perfettamente quale fosse il ‘lavoro’ di Lo Russo, al punto da chiedere il suo aiuto in occasione di un furto subito nel 1990. “Maradona si rivolse a me nell’occasione in cui subì il furto di una ventina di orologi e del Pallone d’Oro. Gli feci recuperare gli orologi tramite Peppe ‘o biondo che li trovò presso i Picuozzi dei Quartieri Spagnoli, mentre non fu possibile recuperare il Pallone d’Oro che avevano già sciolto. Mandai ai Quartieri 15.000.000 di lire che, però, mi furono poi mandati indietro. Ricordo che uno tra gli orologi che mi mandarono non apparteneva a Maradona e questi non volle tenerlo per sé, tanto che lo regalai a Pugliese”.
L’uomo che ricevette l’orologio lasciato da Maradona è Pietro Pugliese, ex guardia giurata coinvolta in un traffico di droga e in seguito accusatosi di essere un killer della camorra. Anche lui, da anni, ha deciso di collaborare con la giustizia permettendo agli inquirenti di arrestare 15 presunti camorristi coinvolti nella cosiddetta ‘faida di Villaricca’. Nei primi anni ’90, però, le dichiarazioni di Pugliese riguardanti una presunta ‘combine’ organizzata da Maradona e da altri calciatori per fare in modo che il Napoli non vincesse lo scudetto furono ritenute poco credibili dagli inquirenti che non trovarono alcuna conferma alle sue parole. Eppure anche Pugliese, come Lo Russo, raccontò ai giudici della rapina ai danni del campione argentino e dei rapporti tra quest’ultimo e la camorra napoletana. Secondo Pugliese, infatti, la rapina fu un avvertimento che il ‘sistema’ lanciò a Maradona per convincerlo a favorire il ‘banco’ delle scommesse clandestine, uno dei più importanti business della camorra. Un’accusa ritenuta infondata dalla magistratura che ritenne poco attendibile il racconto del collaboratore. Ora però le conferme di Lo Russo, personaggio di spicco della malavita per oltre trent’anni, potrebbero fornire nuove indicazioni, anche se, è bene precisarlo, lo stesso boss ha dichiarato che sebbene avesse conosciuto diversi calciatori non li ha mai coinvolti in nessuno dei suoi traffici. Resta però l’amarezza di sapere che l’idolo di Napoli era amico di uno dei peggiori nemici della città.
Luigi SabinoStrozzatecitutti.info
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Il camorrista e il campione – Maradona affairs
Parla l’ex capo della camorra Salvatore Lo Russo. Nei suoi verbali la vicenda dell’ex Pibe de oro che frequentava la sua abitazione. “Lui – dice il collaboratore di giustizia – sapeva perfettamente cosa facessi“.
“Diventai molto amico di Maradona che frequentava spesso casa mia ma solo perché diceva di trovarsi bene in mia compagnia e solo in un paio di occasioni mi ha chiesto se potessi procurargli della cocaina per uso personale”. A raccontare del suo rapporto con il campione argentino questa volta è Salvatore Lo Russo, capo dell’omonimo clan di Miano che da qualche mese è andato a ingrossare le fila dei collaboratori di giustizia. Tra le numerose dichiarazioni che l’ormai ex boss della camorra ha affidato ai verbali degli inquirenti, quelle sul suo legame con “El Pibe de Oro”, ancora oggi idolo di milioni di tifosi sia a Napoli sia in Argentina, sono forse quelle colpiscono di più.
Il loro contenuto non particolarmente rilevante ai fini investigativi riesce con crudezza a mettere in luce la fragilità e la sprovvedutezza dell’uomo Maradona. Che il campione argentino durante la sua esperienza napoletana fosse entrato in contatto con la camorra è cosa nota da qualche tempo. La sua foto in compagnia dei fratelli Giuliano di Forcella e della loro vasca a forma di conchiglia ha fatto il giro del mondo. Un errore commesso in buona fede si disse allora e che qualcuno giustificò affermando che in fin dei conti Maradona non poteva certo conoscere tutti i suoi tifosi. Ora però le parole di Lo Russo rischiano di gettare nuove ombre sulla vita di quello che per molti è stato il più grande calciatore di tutti i tempi. Per il collaboratore, infatti, l’asso di Lanus sapeva perfettamente quale fosse il ‘lavoro’ di Lo Russo, al punto da chiedere il suo aiuto in occasione di un furto subito nel 1990. “Maradona si rivolse a me nell’occasione in cui subì il furto di una ventina di orologi e del Pallone d’Oro. Gli feci recuperare gli orologi tramite Peppe ‘o biondo che li trovò presso i Picuozzi dei Quartieri Spagnoli, mentre non fu possibile recuperare il Pallone d’Oro che avevano già sciolto. Mandai ai Quartieri 15.000.000 di lire che, però, mi furono poi mandati indietro. Ricordo che uno tra gli orologi che mi mandarono non apparteneva a Maradona e questi non volle tenerlo per sé, tanto che lo regalai a Pugliese”.
L’uomo che ricevette l’orologio lasciato da Maradona è Pietro Pugliese, ex guardia giurata coinvolta in un traffico di droga e in seguito accusatosi di essere un killer della camorra. Anche lui, da anni, ha deciso di collaborare con la giustizia permettendo agli inquirenti di arrestare 15 presunti camorristi coinvolti nella cosiddetta ‘faida di Villaricca’. Nei primi anni ’90, però, le dichiarazioni di Pugliese riguardanti una presunta ‘combine’ organizzata da Maradona e da altri calciatori per fare in modo che il Napoli non vincesse lo scudetto furono ritenute poco credibili dagli inquirenti che non trovarono alcuna conferma alle sue parole. Eppure anche Pugliese, come Lo Russo, raccontò ai giudici della rapina ai danni del campione argentino e dei rapporti tra quest’ultimo e la camorra napoletana. Secondo Pugliese, infatti, la rapina fu un avvertimento che il ‘sistema’ lanciò a Maradona per convincerlo a favorire il ‘banco’ delle scommesse clandestine, uno dei più importanti business della camorra. Un’accusa ritenuta infondata dalla magistratura che ritenne poco attendibile il racconto del collaboratore. Ora però le conferme di Lo Russo, personaggio di spicco della malavita per oltre trent’anni, potrebbero fornire nuove indicazioni, anche se, è bene precisarlo, lo stesso boss ha dichiarato che sebbene avesse conosciuto diversi calciatori non li ha mai coinvolti in nessuno dei suoi traffici. Resta però l’amarezza di sapere che l’idolo di Napoli era amico di uno dei peggiori nemici della città.
Luigi SabinoStrozzatecitutti.info
Pubblicato il 12 aprile 2011 in anteprima su Il Fatto Quotidiano online:
Tratto da www.nonleggerequestoblog.it
Mi sento confuso.
Dunque. Un consigliere comunale del Pdl ritira la sua candidatura e si scusa con tutti, per questo:








Il capo dello stesso partito - che poi sarebbe pure il nostro Presidente del Consiglio - va avanti da anni. Con questo:
lunedì 18 aprile 2011
sabato 16 aprile 2011
Tratto da www.nonleggerequestoblog.it
Voi andate al mare.
Silvio Berlusconi:
Una cosa che voglio dire è che nessuno verrà lasciato da solo.
6 aprile 2009
Io mi assumo la responsabilità delle operazioni ... Voi andate al mare. E' Pasqua. Prendetevi un periodo che paghiamo noi. Paga lo Stato. Noi facciamo l'inventario delle case danneggiate e voi vi spostate sulla costa. Ci sono gli alberghi. Sarete serviti e riveriti. E nelle tendopoli sentitevi come un weekend in vacanza.
7 aprile 2009
Offrirò le mie case agli sfollati.
10 aprile 2009
Mi prendo personalmente la responsabilità di una ricostruzione sicura e trasparente.
10 aprile 2009
Per le abitazioni del centro storico la ricostruzione sarà al 100% a carico dello Stato.
29 maggio 2009
Sto cercando una casa qui per il mese d'agosto per verificare lo stato di avanzamento dei lavori.
10 luglio 2009
Lo sgombero delle macerie sta avvenendo e la ricostruzione dell'Aquila è già partita.
4 aprile 2010
Nessuna inadempienza del Governo: i fondi per la ricostruzione del centro storico dell'Aquila sono disponibili, ora sono le autorità locali che devono impegnarsi.
26 novembre 2010
Sono convinto che sull'Abruzzo e sull'Aquila si sia cercato di gettare fango non rispondente a verità.
23 dicembre 2010
Riguardo alla ricostruzione della città dell'Aquila, credo che tutti voi sappiate bene come abbiamo agito, con quanta tempestività e con quanta efficacia.
5 marzo 2011
L’Aquila è in piena ricostruzione, sta tornando come prima (…) Sono rimasti fuori solo 300/400 persone, stanno in hotel perché gli fa pure comodo, mangiano, bevono e non pagano nulla, pure io ci vorrei andare.Un vero terremotato aquilano, intervistato dal Sole 24 Ore:
25 marzo 2011
Le 19 piccole città edificate dalla Protezione civile intorno all’Aquila dovevano essere transitorie. Ma, ormai, è chiaro che sono definitive … Abbiamo capito che, nel centro storico, nessuno tornerà più.
Tratto da www.nonleggerequestoblog.it
Ce lo chiede l'Europa 'sta ceppa.
Dunque. Da una parte abbiamo sottoscritto la "Convenzione Onu contro la Corruzione", normativa che ci impone di perseguire con determinazione questo tipo di reato. Dall'altra siamo tra i pochissimi paesi europei a non aver ancora ratificato la "Convenzione del Consiglio d’Europa sulla corruzione" siglata a Strasburgo nel 1999, e cioè 12 anni fa. Albania, Bosnia, Finlandia, Francia, Portogallo, Slovenia, Svezia ed una quarantina di altre nazioni sì. Noi, no. Altroché ce lo chiede l'Europa: negli ultimi mesi la preoccupazione continentale è aumentata - "una profonda preoccupazione - l'allarme è salito, e tutti i richiami, su specifici punti inerenti corruzione e leggi vergogna, sono stati sistematicamente ignorati.
Non mi sembra che accorciare i tempi di prescrizione per questo tipo di reato - piaga sociale da 120 mila miliardi di vecchie lire l'anno - mandare al macero decine di migliaia di processi, generare impunità ed ingiustizia, salvare un Premier da una condanna praticamente certa per corruzione in atti giudiziari, e con lui migliaia di colletti bianchi responsabili di truffe, frodi, concussioni, bancarotte e corruzioni di ogni tipo, ecco, non mi sembra che tutto questo vada nella direzione del "ce lo chiede l'Europa". Ce lo chiede l'Europa 'sta ceppa, se mi permettete. Il mondo ci chiede l'esatto contrario, milioni di italiani pure. Si vede che non ci siamo ancora stufati di pagare tutti, e tanto, per la goduria di uno solo.

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