Visualizzazioni totali

giovedì 24 marzo 2011

Cetto è (sempre) vivo e lotta insieme a noi

Saverio Romano è il nostro nuovo ministro dell'Agricoltura. Ex Udc, oggi colonna del gruppo dei Responsabili (il partito che vede tra gli altri, quello Scilipoti ex Idv che, a sorpresa, garantì il suo voto di fiducia al governo Berlusconi).
Un nome, quello di Romano, fortemente voluto dal Governo.
Alla convinzione con cui la maggioranza a guida Pdl - Lega ha voluto Romano al dicastero si è contrapposta la "perplessità" del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Prima solo per vie traverse: in quella fase di trattative improntata al più classico del toto-nomi sui papabili candidati al rimpasto di governo, atrvareso una complessa azione di ambasciate e diplomazie messa in piedi dai funzionari del Quirinale.
Poi, dopo il giuramento del ministro, con una esplicita nota del Presdente della Repubblica che manifestava tutte le sue perplessità e imbarazzate riserve, mentre auspicava un pronto chiarimento della posizione giudiziaria del Romano. 
Si da il caso, infatti, che il "Responsabile" Saverio Romano sia indagato (e non imputato come attribuito alla nota del Quirinale e sdegnosamente corretto dall'ufficio stampa del politico siciliano) a Palermo in due inchieste per concorso esterno in associazione mafiosa.
E non solo.
Il rapporto tra Palazzo Chigi ed il Colle si è ulteriormente ibernato a causa della discussione in corso  su un curioso ddl che alzerà (ovviamente con costi generosamente sopportati dal contribunente) il numero dei sottosegretari possibili aggiungendone ben dodici.
Le (inattendibili) malelingue dicono per premiare i coraggiosi Responsabili venuti in questi mesi a crearsi non si sa bene come ed andati generosamente in soccorso di un Governo che solo fino a qualche mese fa era considerato (dai più ottimisti) moribondo.
Il primo aprile i giudici di Palermo decideranno se archiviare o proseguire le indagini in corso a carico del neo-ministro indagato e non imputato.
Nel frattempo non ci resta che assistere all'ennesima beffa di un potere che in Italia (e trasversalmente da parte di tutti rispetto alle parti politiche in campo) regola la propria esistenza sui dettami del "manuale Cetto Laqualunque". 
Gli incensurati, insomma, non hanno speranza di carriera in questa politica. Male assoluto di un sistema che non concede loro più nulla. 
Al massimo qualche disinteressata prescrizione breve.    


Nessun commento:

Posta un commento